lunedì 23 aprile 2007

Il 25 Aprile a Cuneo

martedì 24 aprile 2007

Ore 20.30 – Raduno in Piazza Galimberti
Ore 20.45 – Orazione ufficiale di Livio Berardo, Presidente dell'Istituto Storico della Resistenza
Ore 21.00 – Partenza della fiaccolata, preceduta dalla banda di Cuneo "Duccio Galimberti"
Ore 21.15 – Monumento alla Resistenza italiana (in caso di cattivo tempo Piazza Virginio), Concerto dell'Associazione "Luigi Pieri Big Band". Musiche americane degli anni Quaranta. Concerto del cantautore Massimo Priviero

mercoledì 25 aprile 2007

Esposizione delle bandiere
Ore 12.00 – Suono a festa delle campane
Ore 17.00 e ore 21.00 – Cinema Teatro Don Bosco, proiezione del film di Teo De Luigi "Duccio Galimberti. Il tempo dei testimoni".


(Qui potete trovare il programma ufficiale della giornata a cura del Comune di Cuneo)

Adesione di Beniamino Zingarelli alla lista Sinistra per Barge

Dopo l'esclusione a Barge di Rifondazione Comunista e della sinistra alternativa dalla lista dell'Ulivo, nonostante i ripetuti appelli all'unità di tutto il centro-sinistra, anche tramite un incontro pubblico con i Consiglieri Regionali Dalmasso (PRC) e Moriconi (Uniti a Sinistra-Sinistra Europea), PRC, Verdi e Comunisti Italiani presenteranno una loro lista con candidato Sindaco Marco Gattinoni (PRC), lista che, come si evince dalla seguente lettera di Beniamino Zingarelli, sta ricevendo nuove adesioni.

Fabio Panero
Segretario provinciale Rifondazione Comunista.


Durante l’incontro dell’Ulivo di martedì scorso, con all’ordine del giorno la definizione della lista elettorale per le prossime elezioni amministrative di Barge, sono emerse pesanti contraddizioni nella gestione politica del gruppo. Al sottoscritto sono state fatte pressioni immotivate, con modalità alquanto discutibili, volte ad invitarmi a ritirare la mia candidatura in lista.
Alla mia richiesta di un chiarimento sulle motivazioni non mi sono stati forniti elementi politici chiarificatori, bensì un invito ad accettare silenziosamente la mia rinuncia perché non gradito al candidato Sindaco scelto dall’Ulivo.
Questa vicenda ha del paradossale perché l’Ulivo di Barge, di cui sono uno dei fondatori, aveva proposto a Piercarlo Rosi di rappresentarlo, ma senza che questo volesse dire discriminare i propri iscritti. Ritengo, anche se non detto esplicitamente, che il mio sostenere l’opportunità di una lista unitaria di centro sinistra a Barge, abbia, per motivi che nulla hanno a che vedere con il bene del paese, determinato la mia esclusione. A fronte di questa penosa situazione ho deciso di aderire al progetto di unità della sinistra promossa dalla lista “Sinistra per Barge”, fortemente voluta da Marco Gattinoni e sostenuta da Rifondazione Comunista, i Verdi e i Comunisti Italiani. Devo anche dire, con sorprendente tristezza, che appena questa mia decisione è stata resa nota, il gruppo dell’Ulivo mi ha contattato comunicandomi che era miracolosamente risolto e sciolto il veto sul mio nome. Concludo auspicando, in totale sintonia con il gruppo a cui ho aderito, che per un futuro prossimo le forze di centro sinistra tornino a lavorare insieme e mi adopererò per tale scopo.


Beniamino Zingarelli, iscritto Ds

sabato 21 aprile 2007

UN ALTRO AFGHANISTAN E’ POSSIBILE?

UN ALTRO AFGHANISTAN E’ POSSIBILE?
INCONTRO PUBBLICO
MARTEDI’ 4 MAGGIO ORE 21
CUNEO, centro Incontri della Provincia, sala "Falco"

Intervengono:

VITTORIO AGNOLETTO, Europarlamentare Rifondazione Comunista-Sinistra Europea
Maryam Rawi di Rawa - Associazione Rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan
Cristina Cattafesta del CISDA (Coordinamento italiano di sostegno alle donne afgane)

25 Aprile e 1° Maggio a Valdieri

Mercoledì 25 aprile:

ore 18.00 Ritrovo a Valdieri (piazza Resisitenza, di fronte al Municipio)
ore 18.30 inaugurazione struttura "Museo diffuso della Resistenza e del territorio"
ore 19.30: MERENDA SINOIRA
ore 20.30: SPETTACOLO TEATRALE E MUSICALE, MUSICHE DI GIANNI GANDINO

1° MAGGIO:

50 ANNI DELL'A.R.C.I., sempre a Valdieri (scarica la locandina)

lunedì 16 aprile 2007

C'è una sola guerra da fare. E' quella contro il lavoro che uccide.


PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA
Federazione di Cuneo, via Saluzzo 28 tel/fax:0171/66274 mail:prccuneo@libero.it

COMUNICATO STAMPA

C'è una sola guerra da fare. E' quella contro il lavoro che uccide.

Ieri sono morti altri due operai. Uno di 53 anni, traslocatore, a Messina, precipitato da un montacarichi; l'altro è un ragazzo sardo di 33 anni, che lavorava per una ditta dell'appalto nello stabilimento petrolchimico della Saras a Sarroch, vicino a Cagliari. E' stato colpito da un tubo d'acciaio sulla testa. Di loro conosciamo nomi e cognomi (Santo Cacciola e Felice Schirru), età e poco altro. I canali della grande informazione in questi casi sono un po' ostruiti. Si sciolgono in occasione di notizie più spettacolari, clamorose, come vallettopoli, o il congresso dell'Udc.
Ieri è intervenuto anche Giorgio Napolitano per denunciare la gravità della situazione. Ha sollecitato il governo a prendere qualche iniziativa. E alcuni grandi giornali ("Repubblica", la "Stampa") hanno finalmente iniziato a portare in prima pagina le notizie sugli omicidi bianchi. Magari è il segno che l'opinione pubblica, almeno un pochino, sarà toccata da questo problema. I numeri dicono che la strage sul lavoro fa vittime ogni giorno: ci sono più morti sul lavoro, in Italia, in un anno, che negli Stati Uniti - nello stesso periodo - per le guerre in Iraq e Afghanistan. Tra i delitti che avvengono nel nostro paese (mafiosi, di microcriminalità, familiari, di invidia, di amore) di gran lungo la categoria più numerosa è quella degli omicidi sul lavoro. In tutto gli omicidi in Italia sono circa 1750 all'anno. Di questi 1000 sul lavoro, circa 250 in famiglia, al terzo posto i delitti di mafia e camorra, un centinaio. Chissà perché se i principali killer sono i capitalisti, i mariti e i mafiosi, poi si continuano a organizzare manifestazioni (per esempio a Milano) contro la microcriminalità, di gran lunga il meno pericoloso dei fenomeni illegali.
Noi di Rifondazione Comunista pensiamo che bisogna mobilitarci per fare in modo che la questione della sicurezza sul lavoro diventi il problema numero uno nell'agenda politica: guerra al lavoro che uccide. E' l'unica guerra che vale la pena combattere.

Fabio Panero
Segretario provinciale Rifondazione Comunista

Presentazione della lista PRC alle elezioni comunali di Cuneo 2007

Pubblichiamo il testo della presentazione della lista di Rifondazione alle elezioni comunali di Cuneo, tenuta dal Segretario provinciale Fabio Panero in occasione dell'incontro di presentazione di tutte le liste a sostegno della rielezione del Sindaco Alberto Valmaggia.

Il testo completo è QUI

sabato 14 aprile 2007

ASSUMERE I PRECARI IN PROVINCIA

PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA
Federazione di Cuneo, via Saluzzo 28 tel/fax:0171/66274 mail:prccuneo@libero.it


COMUNICATO STAMPA

ASSUMERE I PRECARI IN PROVINCIA

Rifondazione Comunista da tempo ha denunciato la preoccupante situazione economica nella nostra Provincia, con dati che si riflettono sulla percentuale di disoccupazione, in costante crescita (alle soglie del 3%) e di lavoro precario (assunzioni che avvengono per l’80% con contratti a tempo determinato).
La situazione registrata provoca aree sempre più allargate di disagio sociale, dovute all’incertezza per il proprio futuro, sia nell’ambito lavorativo che in quello personale: le lavoratrici ed i lavoratori devono adattare le proprie scelte di vita ad un reddito basso ed insicuro.
Il nostro Partito ha stigmatizzato tale situazione nell’ambito della Amministrazione Provinciale con la proposta di un emendamento al Bilancio 2007, presentato in data 12.02.2007.
L’emendamento non è stato ammesso alla votazione del Bilancio.
Successivamente, in data 26.03.2007, è stato presentato un ordine del giorno, firmato dai Capigruppo dell’Unione, nel quale si riprendono i concetti espressi dalla proposta di emendamento suddetto, chiedendo, entro tempi certi, una stabilizzazione ampia dei precari, e l’emanazione di Bandi per i soggetti che hanno un rapporto di Collaborazione Coordinata e Continuativa con la Provincia, in tutto in linea con quanto previsto dalla Legge Finanziaria.
L’Ordine del Giorno sarà discusso a breve in Commissione e sarà esaminato dal Consiglio Provinciale.
Nei giorni scorsi gli organi di informazione hanno diffuso la notizia che la Giunta Provinciale ha dichiarato la disponibilità, nell’ambito di un confronto sindacale, alla stabilizzazione di una parte dei dipendenti che si trovano nella situazione di precariato lavorativo.
La notizia ci fa piacere, perché finalmente si pone mano ad una grave situazione, ma Rifondazione Comunista chiede fin d’ora, in attesa degli esiti del dibattito in Consiglio Provinciale, che entro tempi certi le stabilizzazioni riguardino anche gli altri lavoratori per ora esclusi dal provvedimento.

Ivan Di Giambattista,
Consigliere Provinciale Rifondazione Comunista

Fabio Panero,
Segretario provinciale Rifondazione Comunista

venerdì 13 aprile 2007

MOBILITAZIONE A SOSTEGNO DI EMERGENCY

www.emergency.it
Sosteniamo pienamente l’attività di Emergency.

Il suo ruolo, nei luoghi di conflitto nel mondo, è di grande rilievo per le popolazioni e la causa di pace. E’ parte di quella azione concreta di volontariato che interviene sulle sofferenze prodotte dalla guerra e dal terrorismo e di quella che è stata definita la diplomazia dal basso, iniziativa attiva che non guarda la “divisa” che si indossa ma cerca di praticare la solidarietà che attiva la società civile.

Con grande forza ed energia, chiediamo la liberazione di Rahmatullah Hanefi, di cui difendiamo e valorizziamo il ruolo di mediazione per la liberazione di Mastrogiacomo. Con grande forza condanniamo la barbara esecuzione dell’autista e dell’interprete del giornalista. Chiediamo che il governo italiano si impegni direttamente e fortemente a sostegno di Emergency e per il rilascio di Hanefi.

Chiediamo che, al più presto, vengano rideterminate le condizioni per la permanenza di Emergency in Afghanistan.

Chiediamo che sia permessa la visita in carcere ad Hanefi, così come prevedono le convenzioni internazionali e le regole della democrazia e dello Stato di diritto.

L’attacco ad Emergency è anche parte dell’offensiva che vuole impedire l’affermazione della proposta italiana di una conferenza internazionale di pace.
Una ragione in più per connettere la solidarietà all’organizzazione umanitaria con l’impegno per la pace.

La nostra opposizione alla guerra, al terrorismo, alle barbarie che producono e ai modelli sociali che prefigurano sono assolutamente radicali ed irriducibili.

Fabio Panero

Partito della Rifondazione Comunista
Federazione di Cuneo

mercoledì 4 aprile 2007

IL BENE COMUNE SALUTE

CONTRIBUTO DI
ANDREA BRUNO
AL DIBATTITO
“ IL BENE COMUNE SALUTE”
FORUM DELLE ALTERNATIVE POSSIBILI
SABATO 31/03/2007 – BORGO S. DALAMAZZO

Provo a presentarmi in duplice veste :
- come sindacalista di categoria, il cui compito principale è la tutela dei lavoratori del settore
- ma anche come cittadino che per provenienza, interesse, professione ed opportunità di partecipazione e ascolto/condivisione con altri cittadini ha sviluppato una certa attenzione alle questioni che hanno a che fare con la salute.

Tenterò dunque di svolgere questo contributo altalenando tra questi due punti di vista differenti ma non necessariamente opposti se si individuano obiettivi di salute condivisi Proverò a giocare il ruolo ed il controruolo di me stesso.

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI
Voglio partire da questa parola “organizzazione”
Questa parola è una mia fissazione. Dico mia perché ogni volta che la pronuncio vedo sguardi stupiti, interrogativi, annoiati, anche infastiditi.

Capisco la controparte, in trattativa, che vede potenzialmente messe in discussione le certezze su quello che si deve fare, vorrebbe al massimo trovare accordo sul come farlo, non discutere anche della necessità di farlo, del SE è utile farlo per raggiungere lo scopo (qual ‘è lo scopo? Salute, sanità, medicina, cura, produzione, soddisfazione delle richieste ?)Insomma il pericolo per lui è di mettere in discussione la sua insindacabile capacità e autorità di interpretazione e traduzione del diritto alla salute. (in questo l’approvando PSSR inserisce qualche elemento interessante…)

Capisco meno questo atteggiamento quando proviene dai lavoratori e da utenti che sono poco propensi a discuterne, ma continuamente lamentano/patiscono i prodotti della dis-organizzazione o della non organizzazione in cui si imbattono con una qualche frequenza.Un esempio: le liste di attesa a partire dalla necessità/apropriatezza della prestazione. Tema su cui non desidero addentrarmi in questa occasione, mi limito a citarlo come esempio. Credo che lo scopo del sistema sanitario sia quello di coniugare il benessere (la buona e appropriata soddisfazione di un bisogno) del cittadino-utente e quello del cittadino-operatore.
Le due esigenze non sono in contrapposizione, ma possono soddisfarsi se le necessità vengono affrontate in concomitanza e da una prospettiva ampia.
Non è soddisfacente ottenere una prestazione (qualunque essa sia) a tutti i costi, in qualunque condizione indipendentemente dalla qualità di benessere umano e lavorativo di chi la fornisce.
Questo ha molto a che fare ( è intuitivo) con
- organici
- professionalità e formazione opportuna ed adeguata
- orari, turnazione e ritmi di lavoro.In una parola con l’organizzazione del lavoro.

Di fronte ad una situazione di dis-organizzazione o di buona organizzazione ma orientata ad un fine differente dalla Salute con la S maiuscola, si assiste ad una contrapposizione tra operatore e cittadino
- arrogante-preseuntuoso-non capisce-non ascolta-fannullone etc.
- distacco-aggressività-tecnicismo-invocazione di entità superiore… che apoditticamente “stabilisce”.
Ci si trova di fronte ad una situazione cone quella del ferroviere con cui ci si lamenta perché il treno è sporco, in ritardo, con i bagni senza acqua etc.
Frustrazione pura con tutta la gamma di risposte possibili: rabbia, autoritarismo, indifferenza, stupore, promesse, dichiarazioni esplicite di impotenza, che non servono né all’uno né all’altro.

BISOGNI DA CONCILIARE ATTRAVERSO UN ACCORDO-PATTO-CONTRATTO
tra cittadino con esigenze specifiche
ed operatore con esigenza di empatia e di manifestarsi come essere intero senza svilire la sua umanità ( riconosciuta come causa importante di burn out), la sua debolezza senza rifugiarsi dietro al muro del tecnicismo, ma anche senza un costo eccessivo per lui.
E’ possibile pensando al sistemna in termini di promozione della salute, di salute come bene comune, diritto intangibile e costituzionalmente tutelato.
Non è possibile pensando alla salute esclusivamente come sanità o, peggio, cura e soprattutto in termini di produzione, azienda, pareggio di bilancio, utili etc.Con questo non voglio essere frainteso: so bene che i costi sono un elemento del sistema che deve essere considerato, ma mi pare che interventi precedenti….abbiano fornito anche illuminanti elementi in questo senso.

IN SANITA’ LA SPINTA PRODUTTIVISTICA E’
PREOCCUPANTE E CONTRADDITORIA
Una azienda produce un qualcosa che, se venduto, provoca una entrata. Se le cose vanno per il verso giusto questa entrata dovrebbe essere tale da ripagare delle spese e produrre un utile che può essere reivestito, ridistribuito etc.
Capite come questa analogia non calzi per una azienda sanitaria.
Produzione non fine a se stessa ma APPROPRIATA cioè finalizzata alla salute.
Copertuta dei costi (COSTI RAGIONEVOLI) attraverso la fiscalità generaleUTILE? GUADAGNO?
E ancora: come si misura la produzione sociale dell’operatore sanitario?

La produzione nei servizi alla persona in senso lato è da considerarsi allo stesso modo che in una “azienda” ?
- Quanti pezzi ?
- In quanto tempo ?

Le distorsioni che nascono dalla concezione produttivistica della salute sono ovvie ed evidenti :

- dagli escamotages per superare i vincoli che impediscono la produzione o che la limitano, di cui abbiamo uno splendido esempio con la crezione di AMOS
- dalla capacità di ribaltare i costi al di fuori dell’Azienda: dimissioni precoci, day surgery etc. sono esempi di come il costo possa essere spostato su altre aziende o addirittura sul paziente e sulla sua famiglia
- dalla crescita del tecnicismo degli operatori sanitari che diventano sempre più esperti nel compiere azioni misteriose e magiche e sempre meno portati alla “Therapeia” al “prendersi cura”, al “nursing”, alla “relazione”, alla presa in carico, al farsi carico della persona e dei suoi bisogni.
- al considerare il tempo come un elemento della produzione piuttosto che come uno spazio di “relazione”.
In una Azienda in cui la produzione avviene attraverso soprattutto “macchine umane” ed è destinata a uomini, questi aspetti assumono connotazioni evidentemente contradditorie.

ALLORA POSSIAMO/DOBBIAMO PORCI IL PROBLEMA
- del tempo come bene sociale al servizio della salute
- della valutazione della qualità non solo tecnica o percepita, ma globale (mi soffermo un istante sulla mitizzazione delle certificazioni ISO che garantiscono che, magari produci uova marce, ma tutte uniformemente marce allo stesso modo)
- della decrescita o almeno della sobrietà dell’utilizzo della sanità e della medicina

che, per terminare in termini produttivistici, rappresenta un costo dell’80% del nostro bilancio regionale e produce /incide meno del 20% in termini di miglioramento della salute secondo le stime di quel pericoloso e sovversivo organismo che è l’O.M.S.

Le mille delusioni dell'altro Afghanistan

Il manifesto, 18.3.2007

Le mille delusioni dell'altro Afghanistan

Viaggio nella «società civile» di KabulLe voci degli afghani che si sono battuti contro talebani e signori della guerra e che oggi soffrono l'occupazione occidentale. E la corruzione del governo Karzai. Che si nutre degli aiuti internazionali per arricchirsi, abbandonado a se stesso il paese.

Vittorio Agnoletto di ritorno da Kabul

«Possibile che non abbiate ancora capito che l'alternativa è scegliere tra il popolo afgano, i talebani e il governo Karzai e non solo tra gli ultimi due? Gli Usa dicono di sostenere gli afghani ma sostengono un governo e un parlamento pieno di signori della guerra». Incontro il dr. Bashardost Ramazan nel parco di Kabul dove da mesi ha montato una tenda, passa qui intere giornate ad ascoltare le richieste e le proteste di chiunque gli chieda un colloquio, e cerca di farsi portavoce delle esigenze dei suoi concittadini in Parlamento, dove è stato eletto come indipendente.Ha molte cose da denunciare e da chiedere a chi rappresenta un paese coinvolto nell'alleanza militare: «Non molto tempo fa un incaricato d'affari dell'ambasciata Usa ha dichiarato in un dibattito con Dostum su Aina Tv che costui, famoso signore della guerra nonché proprietario della stessa televisione, è 'una brava persona'. Due settimane fa Ronald Neumann, ambasciatore USA, è stato ricevuto a casa sua da Rabbani, altro criminale di guerra e dopo l'incontro ha dichiarato pubblicamente che il suo ospite 'ha fatto molte cose buone per il popolo afgano'. L'ambasciatore tedesco l'aveva preceduto a casa di Rabbani circa due mesi fa. Rabbani anche per Human Rights Watch è un criminale. Gli ambasciatori Usa e dell'Ue sostengono i signori della guerra. Gli afghani non capiscono qual'è lapolitica della comunità internazionale». Bashardost è un fiume in piena: «Inoltre, non è un mistero che le forze internazionali, soprattutto inglesi e statunitensi, non rifiutano accordi con i talebani, quando lo reputano vantaggioso per le loro strategie nazionali o per la sicurezza dei loro uomini». Circa sei mesi fa il generale David Richards, dal 4 maggio 2006 comandante inglese delle truppe internazionali in Afghanistan, ha consegnato senza combattere il distretto di Musa Qala, nella provincia di Helmand ai talebani che l'hanno occupato senza sparare un colpo; Richards aveva dichiarato che aver raggiunto un accordo coi capi tribali della zona, ma tutti sanno che invece erano talebani. L'ambasciata Usa protestò ma le potenze occidentali hanno anche strategie differenti fra di loro; l'Uk ha forti rapporti con il Pakistan che discendono ancora dai tempi coloniali. Il distretto di Musa Qala fu riconquistato con le armi quando le forze internazionali sono passate sottocomando Usa. Non è nemmeno un mistero che più di una volta gli Usa hanno pagato i talebani per evitare che attaccassero i soldati americani». «Voi - continua Bashardost - con le vostre tasse finanziate, attraverso gli aiuti, i signori della guerra che sono oggi al governo e mentre gli impiegati ricevono 40 $ di stipendio al mese questi personaggi girano con auto da 40.000 $ e hanno stipendi anche di migliaia e migliaia di dollari spesso pagati loro direttamente da Ong occidentali o da governi della coalizione militare».Giri finanziari Il mio interlocutore mi fornisce della documentazione: una compagnia inglese, la Crown Agent versa i soldi a una fondazione Usa, l'Open SocietyInstitute che formalmente ha lo scopo di promozione della governance, dei diritti umani e delle riforme economiche e sociali. L'Osi li versa alla Banca Centrale Afghana sul conto n.26097 che risulta essere un conto per lo sviluppo e da qui i soldi vanno direttamente nelle tasche degli altidirigenti ministeriali ad aggiungersi ai loro «regolari» stipendi. Guardo la lista che Bashardost ha in mano: sono coinvolti i ministeri delleTelecomunicazioni, della Cultura, del Commercio, della Giustizia ecc. fino al gabinetto del presidente Karzai. Dal luglio 2003 al gennaio 2005 sono transitati solo su quel conto 814.821 $ i pagamenti mensili personali vanno da 300 a 3000 $; un medico guadagna in un ospedale di Kabul 50 $ al mese. Non credo sia difficile comprendere a quali interessi interni ed esteri questo governo, così ben foraggiato, sia fedele. Il dr. Martin Masood è il leader di Hambastagi un partito fondato nel 2002 che si pone come obiettivo «la costruzione di una società democratica, in un sistema secolare contro il fondamentalismo e i signori della guerra».Hambastagi nasce dai Freedom Fighters Against Soviet dal nome che usavano gruppi di combattenti contro l'occupazione sovietica; ma già allora, mi racconta Massod, nonostante questi gruppi fossero i più vicini alla mentalità occidentale, «gli Usa preferirono armare e finanziare gli integralisti». Questa situazione continua anche ora: l'Unione Europea, in occasione delle prime elezioni parlamentari, aveva garantito loro un aiuto e dei computer, ma non è arrivato nulla. «L'Ue qui segue la politica Usa, ignora i partiti democratici. Gli Usa, secondo quanto riferito dalla stesso Karzai, hanno dato 7,5 milioni di $ a Fahim, uno dei signori della guerra,il responsabile del massacro realizzato nei primi anni '90 a Fashar in Kabul con 700 morti e oltre un centinaio di donne violentate. Fahim ex ministro della difesa di Karzai è stato rimosso dalla stesso presidente essendo impresentabile per il popolo afgano che lo ritiene un criminale, ora è maresciallo, il più alto grado militare qui in Afghanistan, gira in rolls-royce ed è il consigliere militare del presidente che lo ha nominato direttamente senatore, non è stato infatti eletto dal popolo che lodetesta. Ma è potente...». Hambastagi alla sua nascita aveva 20.000 iscritti, e nel suo primo congresso elesse democraticamente i propri dirigenti. Oggi per l'assenza totale di fondi ha dovuto chiudere le proprie sedi ed il proprio giornale. Il rappresentante di Hambastagi a Helmand è stato decapitato dai talebani.Denunciare la corruzione e le responsabilità dei capi talebani o dei signori della guerra può essere molto pericoloso, e infatti Malalai Joya, deputata democratica politicamente legata all'associazione di donne Rawa ha dovuto, proprio in questi giorni, abbandonare velocemente l'Afghanistan e rifugiarsi molto lontano perché le minacce contro di lei avevano superato il livello di guardia. Vi è un argomento sul quale tutti i nostri interlocutori hanno insistito con forza in ogni nostro incontro. L'assoluto rifiuto dell'amnistia votata dal parlamento per tutti coloro che si sono macchiati di crimini nei due decenni passati: provvedimento chiesto e nei fatti imposto con forza dai signori della guerra che per l'occasione hanno anche organizzato una manifestazione a Kabul e contro il quale nulla ha finora potuto l'appello delle vittime della guerra civile lanciato da Hawca (un'associazione umanitaria per l'assistenza alle donne e ai bambini afgani) attraverso un'iniziativa pubblica svoltasi con oltre 250 persone il 6 marzo. La rappresentanza speciale dell'Ue in Afghanistan ha parole molto dure verso la proposta di amnistia, ufficialmente chiamata Reconciliation declaration: prevarrebbe su tutte le convenzioni internazionali, anche su quelle relative al rispetto dei diritti umani, ma vincolerebbe anche imedia a non pubblicare nulla che possa creare problemi ad una supposta riconciliazione nazionale. Una forma esplicita di censura. I «signori» e la guerra L'Ue critica, ma non si espone pubblicamente «per non apparire invasiva». O forse per non innervosire i signori della guerra fortemente insediati in un parlamento e in un governo che l'Ue, con una posizione totalmente subalterna agli Usa, continua a sostenere.Praticamente unanime è la condanna delle azioni della coalizione Isaf/Nato. «La soluzione non è raggiungibile attraverso le azioni militari. Le bombe nel sud producono un aumento di consenso e di forza degli insorgenti». «Volevamo una presenza di una forza delle Nazioni Unite di Peace Keeping, non di militari pronti a fare la guerra». «La comunità internazionale anziché spendere per la guerra dovrebbe investire in capacity building nella costruzione di strade, nel fornire acqua potabile ed energia alla popolazione»: Le proposte dei miei interlocutori sono precise, anche se sempre più lontane dalle idee di chi oggi ha il comando dell'Isaf/Nato: «I talebani non sono un'unica realtà omogenea, né rispondono a un solo comando militare; possono essere suddivisi in tre differenti entità pur sapendo che non esistono linee di demarcazione rigidissime; ma vi sono comunque profonde differenze che devono essere conosciute per poter agire consapevolmente verso l'obiettivo dichiarato della pace. La prima realtà raccoglie i gruppi pro-Isi, i servizi segreti pakistani; il secondo gruppo raccoglie i militanti e simpatizzanti di Al Qaida; il terzo viene definito quello degli Ordinary Afghan Taliban. Quest'ultimo gruppo è sicuramente quello più ampio e raccoglie tantissimicittadini afghani che non sostengono il fondamentalismo integralista, ma che sono disgustati e spaventati dal comportamento delle truppe Usa e in generale della coalizione militare e che vedono negli insorgenti sia una forma di riscatto nazionale, sia la speranza di costruire un futuro dove maggiormente sia garantita la sicurezza e i principali servizi. Con questo terzo gruppo è assolutamente necessario avviare dei colloqui, in tal modo si prosciuga il mare nel quale si muovono i talebani collegati ad Al Qaida e ai servizi pakistani. Da questo percorso devono essere esclusi, ovviamente, i criminali di guerra presenti sia tra i talebani, sia tra isignori della guerra. Per loro ci può essere solo un processo». Un'altra missione A dispetto dei tanti che sostengono che siamo in questo paese per aiutarele donne afghane, queste affermazioni mi sono state continuamente ripetute dai gruppi di donne che ho incontrato. In sintesi dicono: abbiamo necessità di una presenza internazionale per evitare di sprofondare nuovamente in una guerra civile, ma di una presenza totalmente differente da quella attuale. L'idea è quella di una forza dell'Onu per garantire la sicurezza e avviare un percorso di pace che non sia composta «né dai paesi che oggi sono qui con una presenza militare, né da quelle nazioni che continuano ad interferire nella vita dell'Afghanistan come l'Iran, il Pakistan, l'Arabia Saudita». Un percorso che per quanto possa apparire estremamente difficile forse potrà avere qualche possibilità di successo; possibilità che certamente non sembra poter avere l'attuale missione internazionale che, attraverso i bombardamenti, le stragi di civili e l'eradicazione forzata dell'oppio riuscirà solo a spingere masse sempre più ampie verso il sostegno ai talebani.Nel dibattito italiano si è cercato di rappresentare il rinnovo della missione militare (con l' aggiunta di una debole e incerta presenza civile) come un passo verso la conferenza di pace. Ma la realtà è diversa dai desideri. «La popolazione - mi dice una funzionaria dell'Ue - comincia a paragonare la presenza Usa e dei suoi alleati all'invasione sovietica contro la quale ha combattuto per anni». Credo di aver trovato la risposta alla domanda che mi ponevo partendo per questa missione. Vista da Kabul non sembrano esserci dubbi. Questa strada non ci porta verso la pace e non avvicina nemmeno la possibilità di una conferenza per un futuro senza guerra.

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