sabato 31 gennaio 2009

Onda Continua

Il 5 gennaio scorso, approfittando per l'ennesima volta di un periodo di feste e quindi delle Università chiuse, il Governo ha posto la fiducia sul decreto Legge 180. Tutto ciò è arrivato in spregio alle centinaia di mobilitazioni di studenti, genitori e insegnanti, cioè di tutte le gocce di quell'ONDA che tanti problemi ha creato in questi ultimi mesi non solo alla destra ma anche alla sua “opposizione” democratica. Con questo decreto approvato senza alcuna discussione, evitando così che le contraddizioni uscissero fuori, si è deciso sostanzialmente di bloccare i concorsi e di posticipare i tagli al finanziamento pubblico. Da ciò chi avrà le conseguenze peggiori saranno gli studenti con una ulteriore limitazione del diritto allo studio, e i ricercatori precari con minori garanzie e maggiore precarietà, grazie anche al blocco del turn-over e al sistema dei finanziamenti differenziati per gli atenei “virtuosi”, che in parole povere suggerisce alle università di ricorrere allo strumento della precarietà per non superare il limite del 90% imposto sulla spesa per il personale. E il problema delle baronie, propagandato dalla Gelmini e dagli studenti di destra, non è stato affrontato per nulla: i concorsi manterranno un carattere localistico che è il più favorevole ad alcune pratiche clientelari.

Purtroppo quando prima si accennava all'inconsistenza del PD di fronte alle misure della destra si deve far riferimento alla storia pregressa della nostra Università e alle responsabilità di alcuni esponenti degli ex DS: le riforme Zecchino e Berlinguer, il 3+2, la trasformazione delle università in fondazioni, l'autonomia scolastica e l’esaltazione della “meritocrazia”. Con una battuta si può dire che Gelmini-Tremonti stanno concludendo il loro lavoro. (Su questo argomento consiglio la lettura di AA.VV., Manifesto per l’università pubblica, ed. Derive Approdi, 2008)

Quello che chiedono gli studenti e le studentesse, ma anche le lavoratrici e i lavoratori della scuola a Rifondazione Comunista è che su questo terreno il Partito dovrà essere chiaro e propositivo, e soprattutto disponibile ad ascoltare le proposte elaborate dal Movimento in un incontro nazionale alla Sapienza di Roma, proposte elencate nella cosiddetta “Autoriforma delle Università”.

A questo nuovo schiaffo del Governo Berlusconi dobbiamo reagire immediatamente, in ogni scuola e università, togliendoci dalla testa parole come “apoliticità” o “ne rossi ne neri” che creano solo danni e confusione nell'individuare la reale minaccia: la privatizzazione della nostra istruzione e del nostro futuro.

Nello Fierro

mastaniello@yahoo.it

Coord. Prov. Gc, resp. Scuola e Università

venerdì 30 gennaio 2009

SBARRAMENTO IN CORSO

COMUNICATO STAMPA DELLA SEGRETERIA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA DI CUNEO

"EUROPORCATA": GRAZIE VELTRONI
Lo sbarramento al 4% per le elezioni europee viene presentato come la panacea per ridurre la frammentazione partitica in nome di una presunta governabilità: nulla di più falso visto che i gruppi politici al Parlamento Europeo sono 8 e non possono aumentare. La Sinistra Comunista per esempio fa parte del GUE/NGL (Sinistra Unitaria Europea) al quale aderiscono tutti i gruppi Comunisti e anticapitalisti europei
Quindi anche se in Italia i Partiti Comunisti o di Sinistra fossero, per ipotesi, 100 ed eleggessero dei rappresentanti, questi rappresentanti confluirebbero per forza in un gruppo unico.
Di quale stabilità si parla dunque?
Veltroni e Berlusconi sono come i "ladri di Pisa" che fingono di litigare di giorno per mettersi d'accordo di notte: questa proposta di sbarramento che di fatto tende a stravolgere i più basilari principi di democrazia ha come fine ultimo di far recuperare qualche voto a sinistra da parte di un P.D. in caduta libera di consenso e credibilità politica e morale. Invece di attuare una opposizione parlamentare credibile alle politiche del governo delle destre e della Lega, in un momento di crisi economica e sociale, con gravi ripercussioni sull'occupazione, Veltroni si mette d'accordo con Berlusconi per mettere a tacere la Sinistra. Qual'é il prezzo di questo "inciucio"?
Il voto di astensione sul federalismo in chiave leghista? Il via libera alla riforma Alfano sulla giustizia? La presa di distanza del P.D. dalla C.G.I.L.? O peggio?
Una brutta pagina per la democrazia nel nostro paese: Rifondazione Comunista lavora e lavorerà per evitare dolorose fratture e superare la soglia di sbarramento onde poter mantenere anche nel Parlamento Europeo la voce dei lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati, dei precari, dei migranti, di tutti coloro che faticano ad arrivare a fine mese.
Anche in provincia di Cuneo il Partito Democratico chiarisca al più presto se intende concretamente confrontarsi con Rifondazione Comunista e con tutte le altre forze della Sinistra anche in vista delle prossime elezioni provinciali e amministrative (Alba, Bra, Savigliano, Saluzzo..) e continuare ad amministrare insieme centri importanti (Cuneo in primis): un minimo di coerenza, se questo termine in politica ha ancora un valore!
La Segreteria Provinciale di Rifondazione Comunista
Fabio Panero, Livio Marengo, Nello Fierro, Dario Colombano



mercoledì 28 gennaio 2009

Cominciamo noi!

Alla manifestazione a Roma contro lo sbarramento sul sito di Rifondazione: c’era anche Ferrando, c’erano anche i compagni del Partito Comunista dei Lavoratori, per il nostro stesso motivo.

A questo si aggiungono i segnali positivi mandati dal Pdci su una possibile riunificazione.

So di essere ripetitivo alla nausea, ma continuo a sostenere la necessità di un partito comunista unico, e non solo per la faccenda dello sbarramento: è anche una questione di credibilità. Dobbiamo dare un segnale forte, mettere da parte le discordie, cercare un compromesso.

Cominciamo noi.

Lista unica alle europee ed alle provinciali insieme a tutti i partiti comunisti che ci stanno, poi cominciamo a lavorare per il partito unico.
Fabio Panero

per aderire all'appello scrivi a prccuneo@libero.it

lunedì 26 gennaio 2009

Vendola annuncia la scissione dal PRC

Rina Gagliardi e Alfonso Gianni: auspichiamo una rottura del PD e la formazione a sinistra di un nuovo partito socialdemocratico guidato da D’Alema


Rina Gagliardi. : “E’ evidente che io spero in una deflagrazione del PD. Certo che sarei contenta se dalle eventuali ceneri del Partito Democratico nascessero due nuove forze politiche, una di sinistra e una di centro. E’ evidente che noi dovremmo essere molto interessati alla prima, che magari verrebbe guidata da D’Alema”.
Alfonso Gianni. : “Un bel partito socialdemocratico con noi dentro? Magari”.

(La Stampa, 25 gennaio 2009)

Claudio Grassi (segreteria nazionale PRC): Oggi tutto è più chiaro

“Il tempo è galantuomo e oggi, ad assemblea di Chianciano conclusa, tutto è più chiaro. Il progetto del gruppo dirigente della mozione congressuale “Rifondazione per la Sinistra” si manifesta per quello che realmente è, senza infingimenti. Le parole di Rina Gagliardi riportate quest’oggi dalla Stampa non lasciano spazio ad equivoci: si vuole operare una scissione da Rifondazione Comunista con l’obiettivo di costruire un nuovo partito della sinistra guidato da Massimo D’Alema”.
Sin qui il fine dei loro sforzi. In mezzo ci stanno le mille difficoltà di un percorso che rischia di sancire il fallimento dell’impresa prima ancora del suo inizio.
Prima difficoltà: che il Partito democratico a sua volta si rompa e che da una sua costola sorga un nuovo partito socialdemocratico (una riedizione del Pds: al che non si capisce per quale motivo spendere vent’anni di militanza politica contro quell’approdo occhettiano se poi, a vent’anni di distanza, se ne riconosce la sostanziale esattezza) è tutto da dimostrare.
Seconda difficoltà: non c’è spazio politico tra il Pd e Rifondazione Comunista. Lo dimostra, su tutto, il risultato disastroso della lista Arcobaleno alle elezioni politiche di aprile.
Terza difficoltà: l’incertezza totale, il continuo tentennare tra un’ipotesi e un’altra, il perenne esporre quei compagni che sostennero l’opzione congressuale di Vendola al rischio di un salto nel buio.
Non fa riflettere il fatto che l’adesione al progetto scissionistico diminuisce via via che passano i giorni? E che essa diminuisce via via che si scende dagli organismi dirigenti centrali ai territori? Ciò non dice qualcosa in relazione alla opacità del progetto, alla sua debolezza, e al suo carattere verticistico e politicistico?
A Chianciano Gennaro Migliore ha proposto un documento politico che fissava i tempi e i modi della scissione. Diversi interventi contrari (non dei compagni che hanno già scelto nelle scorse settimane di rimanere nel Prc e di non partecipare all’assemblea di Chianciano, ma di compagni che a quell’assemblea hanno partecipato nello spirito indicato dai promotori!) hanno costretto il compagno Migliore a fare retromarcia e a ritirare il documento. Esso verrà discusso e votato – ora si dice – in una ulteriore consultazione e in una ulteriore assemblea costituente.
Tutto questo accade perché il progetto politico che questi compagni propongono è profondamente debole; e fondato sul paradosso di voler unire la sinistra spaccando il più grande partito della sinistra e spaccando – questo stiamo apprendendo in queste settimane e in queste ore – tanto l’area congressuale che si era proposta il superamento del Prc quanto l’assemblea che si era convocata allo scopo di ufficializzare la scissione.
Noi lo ripetiamo: Rifondazione Comunista è e può essere ancora la casa di tutti. Compresi quei compagni che ora apprendono le reali intenzioni dei sostenitori della sinistra «senza aggettivi» e che vogliono proseguire nell’impegno per la rifondazione comunista.

mercoledì 21 gennaio 2009

88 anni dopo, la Rifondazione Comunista

di Paolo Ferrero

Ottantantotto anni fa nasceva a Livorno il partito Comunista d’Italia, sezione dell’internazionale comunista. Dopo la sconfitta del biennio rosso e del movimento di occupazione delle fabbriche, l’incapacità del partito Socialista di dirigere positivamente il movimento di massa veniva sancito da questa rottura. Il movimento operaio italiano non nasceva in quel passaggio, ma li si decise una svolta, si decise il cambiamento del nome: da li in poi, anche in Italia, i rivoluzionari si sarebbero chiamati comunisti. Il cambio del nome nacque dalla necessità di distinguersi dai partiti socialisti. Questi erano stati travolti; prima dall’incapacità di tenere una posizione autonoma dalle varie borghesie nazionali nella gigantesca carneficina che fu la prima guerra mondiale; poi dall’incapacità a definire uno sbocco rivoluzionario alla crisi post bellica. I partiti socialisti si erano rivelati una guida fallimentare per i lavoratori e così, i rivoluzionari, dopo la vittoria in Russia, decisero di segnare nettamente la differenza, addirittura con il cambio del nome.
Quaranta anni fa Jan Palach si dava fuoco in piazza Venceslao a Praga per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Quel’invasione, che seguiva di 12 anni l’invasione dell’Ungheria, metteva la parola fine alla primavera di Praga. Chiudeva brutalmente il più importante tentativo di autoriforma avvenuto nei paesi a socialismo reale. I sistemi politici nati con la rivoluzione russa evidenziavano in modo drammatico di essere entrati in contraddizione totale con le aspirazioni che li avevano generati. La speranza di trasformazione sociale che il comunismo aveva portato al punto più alto nel mondo moderno, con una rivoluzione che aveva sovvertito completamente l’ordine sociale, veniva annichilita sotto i cingoli dei carri armati.

Per questo il nostro partito oggi si chiama Partito della Rifondazione Comunista. Perché ci sentiamo in piena sintonia con quei rivoluzionari che assaltarono il palazzo d’inverno e che diedero vita al Partito Comunista d’Italia e perché siamo consapevoli che i sogni e le speranze di quei rivoluzionari sono stati negati, calpestati ed offesi a Praga, a Bucarest come a Berlino nel 1953. Rifondazione Comunista, due termini che si sostengono e si qualificano a vicenda. L’uno senza l’altro perdono di significato, non possono esprimere il senso del nostro progetto,sono muti. Rifondazione Comunista non è solo il nome del partito ma il nostro progetto strategico: rendere attuale il comunismo attraverso il suo processo di rifondazione, che matura e cresce interagendo con le soggettività antagoniste.

Da qui ripartiamo oggi. Nella consapevolezza che gli ultimi tempi il progetto della rifondazione comunista è stato pesantemente attaccato e messo in discussione da chi ha proposto di abbandonare ogni riferimento al Comunismo. La rifondazione senza il comunismo non è l’approdo naturale della nostra storia ma la negazione radicale della nostra ragione di esistenza. La rifondazione senza il comunismo è la pura riedizione dell’occhettismo, cioè l’innovazione senza principi e la perdita di ogni autonomia politica.

Ricordiamo quindi oggi quel lontano 21 gennaio 1921, nella piena consonanza di ideali e di propositi, per proporre il rilancio del progetto della rifondazione comunista. Questo non avviene nel vuoto pneumatico, non avviene nel cielo delle ideologie; avviene nel bel mezzo di una gravissima crisi economica che mostra, una volta di più, il volto distruttivo del capitalismo. Quella in cui siamo entrati è una crisi pesantissima, che durerà a lungo e che cambierà profondamente il nostro modo di vivere. E’ una crisi “costituente” in cui si intrecciano crisi economica, crisi sociale e crisi della politica. Il parallelo storico che salta agli occhi è quello con la Germania della repubblica di Weimar, in cui identità sociali e politiche consolidate si sfaldarono e il disagio e le paure sociali vennero egemonizzate dalla barbarie razzista.

Ricostruire una speranza. Ricostruire un efficace conflitto di classe, forme di solidarietà e di mutualismo, evitare le guerre tra i poveri. Far vivere nel conflitto la lotta per le libertà e per l’eguaglianza. Prospettare una uscita da sinistra da questa crisi, in termini di intervento pubblico per la ristrutturazione ambientale e sociale dell’economia e di redistribuzione del reddito e del potere. Queste sono le sfide a cui dobbiamo saper rispondere nella costruzione dell’opposizione. Non si tratta di proseguire come ieri. Rifondazione Comunista non si salva conservandola ma spendendola nella capacità di dare una risposta alla crisi, sommando spirito unitario e determinazione, nella forte sintonia che ci lega alle esperienze latinoamericane. Il Partito Comunista Italiano seppe costruire il suo ruolo e la sua ragion d’essere politica nella lotta partigiana, nell’abbattimento del regime fascista e nella costruzione della democrazia in Italia. Noi oggi vogliamo rilanciare il nostro progetto di rifondazione comunista nella capacità di dare una risposta, in basso a sinistra, a questa crisi.

lunedì 19 gennaio 2009

"IL FUTURO HA BISOGNO DI COMUNISMO, IL FUTURO HA BISOGNO DI RIFONDAZIONE"
SABATO 24 GENNAIO GIORNATA NAZIONALE DEL TESSERAMENTO
gli appuntamenti della Federazione di Cuneo
ADERISCI A RIFONDAZIONE COMUNISTA
vienici a trovare, aiutaci, sostienici!
CUNEO Federazione Provinciale, via Saluzzo 28 dalle ore 15 alle ore 18
SALUZZO Circolo Pablo Neruda" piazza Cavour 31 dalle ore 15 alle ore 18
SAVIGLIANO Circolo "Salvador Allende" via San Pietro 22 dalle ore 15 alle ore 18
RACCONIGI Circolo "che Guevara" via Principe Amedeo 71 dalle ore 15 alle ore 18
MONDOVI' Circolo "Dante Di Nanni" presso l'A.N.P.I. Piazza Santa Maria Maggiore dalle ore 15 alle ore 18
BRA Circolo "Antonio Gramsci" gazebo in via Cavour dalle ore 15 alle ore 18

UNA TERRA MARTORIATA

A cura di

Centro di Formazione Santos-Milani - Orizzonti di Pace - Scuola di Pace di Boves - in collaborazione con il

Tavolo delle Associazioni del Cuneese

Mercoledì 21 gennaio 2009

ore 21

Centro Incontri della Provincia – Sala Falco

Cuneo, C.so Dante 41

UNA TERRA MARTORIATA

Riflessioni / Filmati / Confronti sulla Palestina

sabato 17 gennaio 2009

Per Liberazione

di Dino Greco
su Liberazione del 16/01/2009

Mi accingo con salutare preoccupazione a dirigere questo giornale. Lo farò con tutto lo scrupolo, la passione, la dedizione che sono dovuti. A maggior ragione di fronte alle difficoltà politiche, economiche, ambientali dentro cui si consuma il passaggio di responsabilità.
Per chiarezza verso i lettori e per il rispetto nei confronti di quanti hanno fortemente contrastato questo esito, voglio subito rendere esplicito ciò che penso. Non ha alcun fondamento il timore che il giornale si trasformi in una sorta di instrumentum regni del partito, gestito con furore censorio da un commissario, custode dell'ortodossia. Se questo fosse stato mai il criterio che ha ispirato la proposta, la scelta del sottoscritto non avrebbe potuto essere più inadatta. Non è questo che mi è stato chiesto e non è certo con questo spirito che ho accettato. Una cosa non potrà aver luogo: che il giornale persegua con metodo lo scioglimento del suo editore perché con tutta evidenza questo genererebbe un cortocircuito letale. Una cosa è la dialettica, la polemica ruvida; una cosa è la difesa della libertà di espressione di cui si nutre ogni vitale processo creativo, un'altra è l'attacco frontale alla stessa ragione di esistenza del partito, dipinto come un'accolita di nostalgici adoratori di icone ideologiche, orfani di pensiero critico, «orticello avvizzito» che fa strame del «grande sogno di Rifondazione Cominista».
C'è una pessima abitudine, a sinistra: quella di indicare in coloro che ti sono più prossimi i colpevoli di ogni disastro e, contemporaneamente, di assolvere se stessi da ogni responsabilità ritenendosi in ogni stagione depositari esclusivi del giusto e del bene.
Dubito che questa compulsiva propensione a forgiare la caricatura dell'altro per infilzarne meglio il fantoccio abbia mai prodotto alcunché di positivo. Essa ha semmai alimentato smarrimento, senso di frustrazione, abbandono. La prima cosa da fare è interrompere la circolazione dei veleni, finirla con la reiterazione di una querelle introflessa, del tutto priva di produttività politica. Per invece seguire, sostenere, offrire visibilità ai luoghi, alle esperienze di lotta sociale, alle pratiche di riorganizzazione della democrazia dal basso.
C'è un tema di fondo, da prendere di petto: è la sciagurata rimozione del lavoro dalla stessa cultura della sinistra, vale a dire del terreno dove si gioca, si vince o si perde la battaglia decisiva. Una sinistra che non ricostruisca lì le proprie radici dà per persa la questione di una rappresentanza politica del lavoro e la sostituisce con un confuso, proteiforme opinionismo che ha per luogo di elezione la ribalta mediatica, droga dispensatrice di illusioni e di gratificazioni narcisistiche. Quando subisci la seduzione di queste sirene puoi chiamarti (oppure no) comunista, ma è certo che di quella ispirazione rimane solo una messa cantata.
Smarrita ogni capacità di lettura dei processi, si finisce per approdare ad un confuso eclettismo, dove tutto si compone e si scompone a piacere, dove ogni piano della realtà è disordinatamente sovrapposto all'altro: "modernamente" ci occupiamo di tutto, senza capire (e senza cambiare) niente. Occorre stare dentro le contraddizioni sociali, comprenderne le dinamiche, la materialità. Farlo con competenza, attraverso un sistematico lavoro di inchiesta, per immersione. E rimettere radici nel territorio, spazio pubblico di potenziale saldatura fra le lotte del lavoro e quelle per i diritti di cittadinanza, fra sindacale e sociale, fra economico e politico. O lo facciamo - e su queste rinvigorite gambe costruiamo una pratica ed una proposta - oppure saranno Berlusconi e la Confindustria a dettare le vie d'uscita dalla crisi, in alto a destra, vale a dire con più ingiustizia e con un definitivo tracollo democratico.
Inoltre, ci occuperemo dell'ecatombe ecologica generata dal modo di produzione capitalistico, per costruire una critica del modello di sviluppo: metteremo a tema "il come e il quanto produrre", quale senso restituire al lavoro sociale. Ci mobiliteremo senza soste contro la guerra, per la pace, per il disimpegno dell'Italia dalle missioni militari, per una politica di disarmo e di riconversione dell'industria bellica. Ci batteremo su altri due fronti: contro l'omofobia e il patriarcato, la forma più antica e perdurante di oppressione, quella di genere, e contro ogni discriminazione. Da quella legata alle propensioni sessuali, al verminaio razzista che ha contaminato in profondità gli strati popolari trovando a sinistra un debolissimo contrasto. Uguaglianza e libertà, indissolubilmente legate, formeranno l'ispirazione della nostra ricerca e del nostro lavoro.
E' questo un programma politico? Si, è un programma politico. E' compito di un giornale farsene carico? Di questo giornale lo è. Si esaurisce qui ogni campo di ingaggio, proposta, impegno culturale? No. Questo non è tutto, ma ne è il centro. Oggi Liberazione vende circa 6.000 copie al giorno. Proprio poche. Non è certo solo per responsabilità proprie, ma è chiaro che - a dispetto dell'impegno di chi lo produce - l'impatto del giornale sulla società è del tutto modesto. Ed è piuttosto difficile sostenere che alla residualità del gradimento sociale corrisponda un grande lievito culturale e politico. Capita talvolta che quando il divario fra le ambizioni e la realtà è grande si provi a colmarlo con un diluvio di parole. Ma è un'operazione consolatoria e lascia il tempo che trova.
Dobbiamo uscire dalla nicchia in cui ristagnamo e fare un giornale che entri in risonanza con la nostra gente, un giornale di cui i lavoratori, le lavoratrici, gli sfruttati, i poveri, le persone umiliate dalla discriminazione e dalla sopraffazione avvertano l'utilità e in cui possano trovare una sponda sicura per uscire dalla solitudine e per organizzare il proprio riscatto.

venerdì 16 gennaio 2009

Ilan Pappe : la furia sacrificale di Israele e le sue vittime a Gaza

Un importante intervento di Ilan Pappe, storico israeliano, figlio di
ebrei tedeschi

La mia visita di ritorno a casa in Galilea è coincisa con l’attacco genocida israeliano contro Gaza. Lo stato, attraverso i suoi media e con l’aiuto del mondo accademico, ha diffuso una voce unanime - persino più forte di quella udita durante l’attacco criminale contro il Libano nell’estate del 2006. Israele è ancora una volta divorata da una furia sacrificale che traduce in politiche distruttive nella Striscia di Gaza. Questa autogiustificazione spaventosa per l’inumanità e l’impunità non è soltanto sconcertante, ma è un argomento sul quale soffermarsi se si vuole comprendere l’immunità internazionale per il massacro che infuria a Gaza.
E’ anzitutto fondata su bugie pure e semplici trasmesse con una neolingua che ricorda i giorni più bui dell’Europa del 1930. Ogni mezz’ora un bollettino d’informazioni su radio e televisione descrive le vittime di Gaza come terroristi e le uccisioni di centinaia di persone come un atto di autodifesa. Israele presenta sé stessa al suo popolo come la vittima sacrificale che si difende contro un grande demonio. Il mondo accademico è reclutato per spiegare quanto demoniaca e mostruosa è la lotta palestinese, se è condotta da Hamas. Questi sono gli stessi studiosi che demonizzarono l’ultimo leader palestinese Yasser Arafat nel primo periodo e delegittimarono il suo movimento Fatah durante la seconda intifada palestinese.
Ma le bugie e le rappresentazioni distorte non sono la parte peggiore di tutto questo. Quello che indigna di più è l’attacco diretto alle ultime tracce di umanità e dignità del popolo palestinese. I palestinesi di Israele hanno mostrato la loro solidarietà con il popolo di Gaza e ora sono bollati come una quinta colonna nello stato ebraico; il loro diritto a restare nella loro patria viene rimesso in dubbio data la loro mancanza di sostegno all’aggressione israeliana. Coloro che hanno accettato - sbagliando, secondo la mia opinione, di apparire nei media locali sono interrogati e non intervistati, come se fossero detenuti nelle prigioni dello Shin Bet. La loro apparizione è preceduta e seguita da umilianti rilievi razzisti e sono sottoposti all’accusa di essere una quinta colonna, un popolo fanatico e irrazionale. E ancora questa non è la pratica più vile. Ci sono alcuni bambini palestinesi dei Territori Occupati curati per cancro negli ospedali israeliani. Dio sa quale prezzo devono pagare le loro famiglie per poterli ricoverare. La radio israeliana va ogni giorno negli ospedali per chiedere ai poveri genitori di dire agli ascoltatori israeliani quanto è nel suo diritto Israele nel suo attacco e quanto demoniaco sia Hamas nella sua difesa.
Non ci sono confini all’ipocrisia che una furia sacrificale produce. I discorsi dei generali e dei politici si muovono in modo erratico tra gli autocompiacimenti da un lato sull’umanità che l’esercito mostra nelle sue operazioni “chirurgiche” e dall’altro sulla necessità di distruggere Gaza una volta per tutte, naturalmente in un modo umano.
Questa furia sacrificale è un fenomeno costante nella espropriazione israeliana, e prima ancora sionista, della Palestina. Ogni azione, sia essa la pulizia etnica, l’occupazione, il massacro o la distruzione è stata sempre rappresentata come moralmente giusta e come semplice atto di autodifesa commesso da Israele suo malgrado nella guerra contro la peggior specie di esseri umani. Nel suo eccellente volume “I risultati del sionismo: miti, politiche e cultura in Israele”, Gabi Piterberg esamina le origini ideologiche e la progressione storica di questa furia. sacrificale. Oggi in Israele, dalla destra alla sinistra, dal Likud a Kadima, dall’accademia ai media, si può ascoltare questa furia sacrificale di uno stato che è molto più indaffarato di qualsiasi altro stato al mondo nel distruggere e nell’espropriare una popolazione nativa. E’ molto importante esaminare le origini ideologiche di questo modo di comportarsi e derivare, dalla sua larga diffusione, le conclusioni politiche necessarie.
Questa furia sacrificale costituisce uno scudo per la società e per i politici in Israele da ogni biasimo o critica esterna. Ma ancora peggio, si traduce sempre in politiche di distruzione contro i palestinesi. Senza nessun meccanismo interno di critica e senza nessuna pressione esterna, ogni palestinese diventa un obiettivo potenziale di questa furia. Data la potenza di fuoco dello stato ebraico può soltanto finire in più massicce uccisioni, massacri e pulizia etnica.
L’assenza di una qualsiasi moralità è un potente atto di auto-negazione e di giustificazione. Ciò spiega perché la società israeliana non può essere modificata da parole di saggezza, di persuasione logica o di dialogo diplomatico. E se non si vuole usare la violenza come mezzo di opposizione, c’è soltanto un modo per andare avanti: sfidare frontalmente questa assenza di moralità come una ideologia diabolica tesa a nascondere atrocità umane. Un altro nome per questa ideologia è Sionismo e l’unico modo di contrastare questa assenza di moralità è il biasimo a livello internazionale del sionismo, non solo di particolari politiche israeliane. Dobbiamo cercare di spiegare non solo al mondo, ma anche agli stessi israeliani che il sionismo è un’ideologia che comporta la pulizia etnica, l’occupazione e ora massicci massacri. Ciò che occorre ora non è tanto una condanna del presente massacro. ma anche la delegittimazione dell’ideologia che ha prodotto tale politica e la giustifica moralmente e politicamente. Speriamo che importanti voci nel mondo possano dire allo stato ebraico che questa ideologia e il comportamento complessivo dello stato sono intollerabili e inaccettabili e che, sino a quando persisteranno, Israele sarà boicottato e soggetto a sanzioni.
Ma non sono ingenuo. So che anche il massacro di centinaia di innocenti palestinesi non sarà sufficiente per produrre questa modificazione nella pubblica opinione occidentale; è anche più improbabile che i crimini
commessi a Gaza muovano i governo europei a mutare la loro politica nei confronti della Palestina.
Ma noi non possiamo permettere che il 2009 sia un altro anno, meno significativo del 2008, l’anno di commemorazione della Nakba, che non sia riuscito a realizzare le grandi speranze che noi tutti avevamo, per la sua potenzialità, di trasformare il comportamento del mondo occidentale verso la Palestina e i palestinesi.
Pare che persino il più orrendo dei crimini, come il genocidio a Gaza, sia trattato come un evento separato, non connesso con nulla di ciò che è già avvenuto nel passato e non associato ad una ideologia o a un
sistema. In questo nuovo anno, noi dobbiamo tentare di riposizionare l’opinione pubblica nei confronti della storia della Palestina e dei mali dell’ideologia sionista come i mezzi migliori sia per spiegare le operazioni genocide come quella in corso a Gaza sia per prevenire cose peggiori nel futuro.
Questo è già stato fatto, a livello accademico. La nostra sfida maggiore è quella di trovare un modo efficace di spiegare le connessioni tra l’ideologia sionista e le politiche di distruzione del passato con la crisi presente. Può essere più facile farlo mentre, in queste terribili circostanze, l’attenzione mondiale è diretta ancora una volta verso la Palestina. Potrebbe essere ancora più difficile quando la situazione sembra essere “più calma” e meno drammatica. Nei momenti “di quiete”, l’attenzione di breve durata dei media occidentali metterebbe ai
margini ancora una volta la tragedia palestinese e la dimenticherebbe sia per gli orribili genocidi in Africa o per la crisi economica e per gli scenari ecologici apocalittici nel resto del mondo. Mentre i media occidentali non sembrano molto interessati alla dimensione storica, soltanto attraverso una valutazione storica si può mostrare la dimensione dei crimini commessi contro i palestinesi nei sessanta anni trascorsi. Perciò il ruolo degli studiosi attivisti e dei media alternativi sta proprio nell’insistere su questi contesti storici. Questi attori non dovrebbero smettere di educare l’opinione pubblica e, si spera, di influenzare qualche politico più onesto a guardare ai fatti in una prospettiva storica più ampia.
Allo stesso modo, noi possiamo essere in grado di trovare un modo più adeguato alla gente comune, distinto dal livello accademico degli intellettuali, per spiegare chiaramente che la politica di Israele - nei sessanta anni trascorsi - deriva da un’ideologia egemonica razzista chiamata sionismo, difesa da infiniti strati di furia sacrificale. Nonostante l’accusa scontata di antisemitismo e cose del genere, è tempo di mettere in relazione nell’opinione pubblica l’ideologia sionista con il punto di riferimento storico e ormai familiare della terra: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora il massacro di Gaza. Come l’ideologia dell’apartheid ha spiegato benissimo le politiche di oppressione del governo del Sud-Africa, questa ideologia – nella sua variante più semplicistica e riflessa, ha permesso a tutti i governi israeliani, nel passato e nel presente, di disumanizzare i palestinesi ovunque essi fossero e di combattere per distruggerli. I mezzi sono mutati da un periodo all’altro, da un luogo all’altro, come ha fatto la narrazione che ha nascosto queste atrocità. Ma c’è un disegno chiaro che non può essere solo fatto oggetto di discussione nelle torri d’avorio accademiche, ma deve diventare parte del discorso politico nella realtà contemporanea della Palestina di oggi.
Alcuni di noi, in particolare quelli che si dedicano alla giustizia e alla pace in Palestina, inconsciamente evitano questo dibattito, concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Palestinesi Occupati (OPT) - la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Lottare contro le politiche criminali è una missione urgente. Ma questo non dovrebbe trasmettere il messaggio che le potenze occidentali hanno adottato volentieri su suggerimento israeliano, che la Palestina è soltanto la cisgiordania e la Striscia di Gaza e che i palestinesi sono solo la popolazione che vive in quei territori. Dovremmo estendere la rappresentazione della Palestina geograficamente e demograficamente raccontando la narrazione storica dei fatti dal 1948 in poi e richiedere diritti civili e umani eguali per tutte le persone che vivono, o che erano abituati a vivere, in quella che oggi è Israele e i Territori Occupati.
Ponendo in relazione l’ideologia sionista e le politiche del passato con le atrocità del presente, noi saremo in grado di dare una spiegazione chiara e logica per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Sfidare con mezzi non violenti uno stato ideologico che si autogiustifica moralmente, che si permette, con l’aiuto di un mondo silenzioso, di espropriare e distruggere la popolazione nativa di Palestina, è una causa giusta e morale. E’ anche un modo efficace di stimolare l’opinione pubblica non soltanto contro le attuali politiche genocidarie a Gaza, ma, si spera, anche a prevenire future atrocità. Ancora più importante di ogni altra cosa ciò dovrebbe far sfiatare la furia sacrificale che soffoca i palestinesi ogni volta che si gonfia. Ciò aiuterà a porre fine alla immunità dell’occidente a fronte dell’impunità di Israele. Senza questa immunità, si spera che sempre più la gente in Israele cominci a vedere la natura reale dei crimini commessi in loro nome e la loro furia potrebbe essere diretta contro coloro che hanno intrappolato loro e i palestinesi in questo ciclo non necessario di massacri e violenza.

giovedì 15 gennaio 2009

Sindaco non scalare la classifica!

Leggo con molto stupore dalle pagine de Il sole-24ore che il Sindaco di Cuneo sarebbe in una bizzarra e quanto mai sciocca classifica di gradimento al quarantesimo e passa posto in Italia. Lo sanno anche i bimbi delle nostre scuole che questa classifica non serve a nulla tranne che ad esaltare i sindaci più egocentrici, quelli insomma che passano la vita in televisione piuttosto che in Comune, che possono farne sfoggio nel proprio comune o magari coi propri colleghi di regione. Quindi trova il tempo che trova ma la cosa che più mi ha sorpreso è che il settimo, cioè 30 posti sopra, è il sindaco di Torino Chiamparino e al suo fianco Tosi di Verona. Evviva!!! Anche se confesso che mi si è gelato il sangue. E alla fine sono arrivato alla conclusione che sì questa classifica è di per sé curiosa ma anche abbastanza rassicurante, se il vantaggio di non avere né un sindaco leghista né un sindaco para-leghista col suo “PD del nord” è avere il Nostro al quarentesimo posto, l'invito che rivolgo a Valmaggia è di non salire di posizione, anzi scendere che ci sta bene così. Per concludere vorrei dire agli esponenti di AN che vengono da Paperopoli che preferiremo sempre e comunque un sindaco che in politica non dà ascolto a Zio Paperone, noto riccastro avaro e speculatore... sarà per una sfrenata passione che abbiamo per la musica della Banda Bassotti?

Nello Fierro

Direttivo circolo Rifondazione Comunista “R. Luxemburg” Cuneo

lunedì 12 gennaio 2009

Stop al massacro!


FERMATEVI, FERMIAMOLA!

STOP AL MASSACRO DI GAZA

FERMARE LA GUERRA NON È UN OBIETTIVO IMPOSSIBILE
DOBBIAMO FARE LA NOSTRA SCELTA:
COMPLICI O COSTRUTTORI DI PACE?

Il tavolo delle Associazioni del Cuneese aderisce all’appello della Tavola della Pace:

Quanti bambini, donne, innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida d’intervenire e fermare questo massacro? Quanti morti ancora, prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?

Niente può giustificare un bagno di sangue, nessuna teoria dell'autodifesa. Nessuno può rivendicare il diritto di compiere una simile strage senza subire la condanna della comunità internazionale. Nessuno può arrogarsi il diritto d’infliggere una punizione collettiva a un milione e mezzo di persone. Nessuno può permettersi di violare impunemente la Carta delle Nazioni Unite, la legalità e il diritto internazionale dei diritti umani.

La guerra deve essere fermata ora. Non c’è più tempo per la politica, la retorica, gli appelli inconcludenti.

E’ venuto il tempo di un impegno forte dell’Italia, della comunità internazionale e di tutti i costruttori di pace per mettere fine a questa e a tutte le guerre del Medio Oriente. Senza dimenticare il resto del mondo.

Nessuno può chiamarsi fuori. Siamo tutti coinvolti, corresponsabili. Questa guerra non sta uccidendo solo centinaia di persone ma anche le nostre coscienze e la nostra umanità. Il silenzio corrode la nostra dignità. Complici della guerra o costruttori di pace? Dobbiamo fare la nostra scelta.
Giovani, donne, uomini, gruppi, associazioni, sindacati, enti locali, media, scuole, parrocchie, chiese, forze politiche: "A ciascuno di fare qualcosa!"
Perugia, 6 gennaio 2009


IL TAVOLO DELLE ASSOCIAZIONI DEL CUNEESE INVITA
LA CITTADINANZA A PARTECIPARE AD UN PRESIDIO A

CUNEO
SABATO 17 GENNAIO
ALLE ORE 16
PIAZZA DUCCIO GALIMBERTI
(DI FRONTE ALLA CASA DI DUCCIO GALIMBERTI)

RIFONDAZIONE COMUNISTA ADERISCE A QUESTO PRESIDIO ED INVITA TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE
Pubblichiamo un Ordine del Giorno presentato dal PRC per il prossimo Consiglio Comunale a Cuneo sulla terribile situazione a Gaza: una piccola e sicuramente inutile presa di posizione che non fermerà il massacro ma frutto dell'impossibilità di continuare a tacere.

OGGETTO: Situazione a Gaza, non si può rimanere a guardare.

Il Consiglio Comunale di Cuneo

Premesso che:

continua il bombardamento israeliano, aereo e terrestre, sulla striscia di Gaza. Il quartier generale dell'esercito israeliano ha esaurito l'elenco degli obiettivi da distruggere: caserme della polizia, uffici amministrativi, infrastrutture, università, scuole, edifici civili. Fino a questo momento il numero delle vittime accertato negli ospedali è arrivato a oltre 800, i feriti sono oltre 3000 (un terzo dei quali bambini), la maggiore parte riportano ferite gravi. Molte vittime sono ancora sotto le macerie per mancanza di mezzi in grado di rimuovere interi edifici rasi al suolo.

Premesso ulteriormente che:

L'attività dell'aviazione si è trasformata in un controllo capillare della piccola striscia di Gaza, appena 400 Km quadrati con la maggiore densità di abitanti del mondo (4270 abitanti per km quadrato), per colpire tutti gli obiettivi ritenuti avere carattere militare o finalizzati a proteggere la popolazione dalla distruzione e dalla morte. Il numero delle vittime civili aumenta con il prolungarsi dell'offensiva israeliana, perché mentre in un primo momento gli attacchi riguardavano obiettivi selezionati, con il passare del tempo, come sempre è avvenuto, si colpisce indistintamente.

Atteso che:

Per quanto riguarda i prossimi sviluppi, l'aggressione è destinata a proseguire per molti giorni, le dichiarazioni degli esponenti israeliani di tutte le tendenze non lasciano nessuna speranza per una prossima cessazione degli attacchi. L'obiettivo non dichiarato per cautela, ma che traspare dalle dichiarazioni, è quello di far cadere il governo di Hamas, governo democraticamente eletto per stessa ammissione degli osservatori internazionali, ai minimi storici di consenso in Palestina prima dell’attacco, nell'illusione di sostituirlo con componenti più addomesticate a svolgere questo compito in modo più funzionale al governo di Israele.

Rilevato che:

- La società araba vive un momento di grande rabbia, portatrice di mutamenti, innescata dalla tragedia di Gaza e dell'intera Palestina , una tragedia che mette a nudo la debolezza di questo mondo e la sua irrilevanza, (malgrado le grande ricchezze e potenzialità), dovuta alla corruzione dei suoi regimi. La stessa rabbia che si era espressa in occasione degli attacchi al Libano e all'Iraq.

- La ferita della Palestina viene vissuta come umiliazione dalla popolazione lì residente, è la testimonianza di una sovranità nazionale incompiuta di tutti i Paesi Arabi e le immagini drammatiche che giungono quotidianamente da Gaza (e non solo negli ultimi giorni), nel silenzio e con la complicità di una parte di questi regimi , rafforzano le tendenze più radicali, soprattutto quelle di matrice islamica.

- Il campo dei paesi moderati si presenta debole e diviso, e questa divisione è alla base del fallimento del recente vertice dei paesi del Golfo.

Ritenuto che:

- non è con la violenza iniqua che Israele può tutelare il suo domani, anzi con questa infausta aggressione essa darà nuovo impulso agli attivisti di Hamas;

- sia assolutamente allarmante l'uso di massa della violenza armata nei rapporti tra popoli e nazioni a fronte di cui, oggi, anche l'Europa si presenta come largamente inerte;

- le parole della nostra Costituzione siano inequivocabili laddove condannano la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti tra nazioni;

- sia giusto, necessario ed impellente esercitare tutte le forme di pressione e manifestazione democratica al fine di porre fine alla tragedia che oggi vive Gaza, il popolo palestinese e l'intero Medio Oriente;

RIVOLGE APPELLO:

-A CHI HA RESPONSABILITA’ POLITICHE E A CHI SENTE IL DOVERE CIVILE PERCHE’ SIA ROTTO IL SILENZIO E SI AGISCA;

-L’UNIONE EUROPEA ESCA DALL’IMMOBILISMO PER L’AFFERMAZIONE DEL PIENO DIRITTO INTERNAZIONALE E LE NAZIONI UNITE RENDANO APPLICABILE LA RISOLUZIONE VOTATA IL GIORNO 08.01.2009;

-L’ITALIA DEMOCRATICA FACCIA LA SUA PARTE, NEL DARE VOCE ALLA COSCIENZA CIVILE DEL NOSTRO PAESE.

PRIMO FIRMATARIO

Fabio Panero, Capogruppo Rifondazione Comunista

W I PARTIGIANI, SEMPRE!

IL CONSIGLIO COMUNALE DI CUNEO

PRESO ATTO

Che un progetto di legge, numero 1360, metterà il Parlamento di fronte alla scelta di equiparare i partigiani che combatterono contro il fascismo e il nazismo, contro la guerra praticata da Benito Mussolini a fianco di Adolf Hitler, per la liberazione dell'Italia da una dittatura interna ed esterna, con i miliziani della Repubblica di Salò, le truppe irriducibili che volevano continuare a tenere il Paese a ferro e fuoco, quelli che consegnarono migliaia di ragazzi italiani nelle mani dei rastrellatori tedeschi e gli ebrei del ghetto di Roma, di Venezia, di Torino, di Milano, nelle mani dei loro torturatori e di chi li avrebbe avviati ai lager e ai forni crematori.
Il progetto di legge - firmato da parlamentari del "Popolo delle libertà" è in discussione ora, alla Commissione Difesa della Camera dei deputati, riguarda proprio il contenuto della proposta di legge che vorrebbe adesso istituire in parallelo il cosiddetto "Ordine del Tricolore" nonché il conseguente «adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra».
Nella presentazione della proposta di legge, i legge: «L'istituzione dell'Ordine del Tricolore deve essere considerata un atto dovuto verso tutti coloro che impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della "bontà" ( con tanto di virgolette!) della loro lotta per la rinascita della Patria».
L'articolo 2 prevede che tale onorificenza (e quello che ne consegue) sia conferita: «A coloro che hanno prestato servizio militare per almeno sei mesi, anche a più riprese, in zona di operazioni, nelle Forze armate italiane durante la guerra 1940-1945 e che siano invalidi; a coloro che hanno fatto parte delle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo volontari della libertà, oppure delle formazioni che facevano riferimento alla Repubblica sociale italiana; ai combattenti della guerra 1940-1945; ai mutilati e invalidi della guerra 1940-1945 che fruiscono di pensioni di guerra; agli ex prigionieri o internati nei campi di concentramenti o di prigionia, nonché ai combattenti nelle formazioni dell'esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945». Che poi sarebbero quelli che dopo l'8 settembre 1943 fecero la guerra ai partigiani, all'esercito di liberazione, ai militari agli ordini del generale Badoglio, alle forze armate alleate sbarcate in Sicilia e ad Anzio e alle truppe che combatterono contro l'esercito tedesco in ritirata. Insomma, quelli che fino all'ultimo furono i fiancheggiatori dei nazisti e i torturatori delle popolazioni civili che resistettero alle Squadre Speciali in fuga.
Si prevedono, tra le altre cose, «200 milioni di euro l'anno, a decorrere dal 2009», di «adeguamento pensionistico», compreso quello per l'«assegno supplementare spettante alle vedove». E siccome tali risorse non erano previste né nel dispositivo di bilancio di quest'anno né nella legge finanziaria triennale che resterà in vigore fino al 2011, si dà mandato al ministro dell'Economia e delle Finanze di «apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

NEL RIBADIRE

inaccettabile sotto il profilo morale e politico, oltre che da un punto di vista giuridico e storico, l’equiparazione tra coloro che facevano i rastrellamenti per conto dei tedeschi a chi è stato internato nei campi di concentramento e a chi ha fatto la Resistenza

ESPRIME

sdegno per questa proposta di legge che offende particolarmente la Città di Cuneo, medaglia d’oro per la Resistenza;

solidarietà all'Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi) e alle altre organizzazioni che rappresentano gli ex internati (Anei), gli ex deportati (Aned), i perseguitati politici (Anppia) e l'Associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la libertà della patria (Anfim)

SI IMPEGNA AD INVIARE

Il presente o.d.g. ai parlamentari del Piemonte ed ai Consiglieri regionali eletti nella Provincia di Cuneo.

PRIMO FIRMATARIO

Fabio Panero, Capogruppo Rifondazione Comunista

giovedì 8 gennaio 2009

Dal quotidiano La Repubblica
Una proposta di legge assegna lo status di combattente a chi aderì a Salò
Intervista a Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte Costituzionale
"Nessun riconoscimento ai repubblichini
Erano e restano nemici dello Stato"
di MATTEO TONELLI


ROMA - "Che vuole che le dica, la situazione è difficile ma bisogna fare di tutto per far sapere come stanno realmente le cose. Chiarire a chi non l'ha vissuto cosa è stato quel periodo storico". Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte Costituzionale, classe 1915, è amareggiato ma non rassegnato. A lui, arrestato e torturato durante il fascismo, il nuovo tentativo di "equiparare" per legge partigiani, deportati e militari ai repubblichini di Salò, proprio non piace.

Per farlo il Pdl ha presentato una proposta che ha come primo firmatario Lucio Barani del Nuovo Psi (schierato con il centrodestra). Un disegno di legge, il numero 1360, con il quale la maggioranza pretende di istituire l'Ordine del Tricolore, con tanto di assegno vitalizio. Assegnandolo indistintamente sia ai partigiani, sia "ai combattenti che ritennero onorevole la scelta a difesa del regime ferito e languente e aderirono a Salò". Un testo che l'Anpi bolla come "l'ennesimo tentativo della destra di sovvertire la Storia d'Italia e le radici stesse della Repubblica"

Presidente Vassalli un'operazione analoga fu tentata anche nelle precedenti legislature, ma venne respinta. Adesso il tentativo riprende vigore. Perché è contrario?
"Perché è assolutamente chiaro che c'è stata la continuità dello Stato anche dopo l'8 settembre e la caduta del fascismo. E non si può riconoscere a chi ha contrastato lo stato italiano sovrano schierandosi con la Repubblica sociale il titolo di combattente. La Cassazione è chiara in merito. Tutte quelle pronunce sono concordi nel definire i repubblichini come nemici".


Lo scorso 2 giugno il ministro della Difesa Ignazio Larussa chiese di accumunare i morti "di entrambe le parti". I firmatari parlano di "un progetto coerente con la cultura di pace della nuova Italia".
"Ma cosa vogliono ancora? Hanno avuto tutto, l'amnistia di Togliatti, la legittimazione democratica immediata, l'Msi in Parlamento, adesso sono al potere. Eppure vanno avanti, incuranti del fatto che non esiste paese in Europa dove i collaborazionisti del nazismo sono premiati".

La formulazione del testo apre la porta anche alla legittimazione a tutti coloro che "facevano parte delle formazioni che facevano riferimento alla Rsi". Non solo dunque agli appartenenti delle 4 divisioni dell'esercito ma anche a chi faceva parte delle "brigate nere".
"E' vero ma non c'è spazio per sottilizzare troppo. Lo status di combattente non va riconosciuto a nessuno di coloro che fecero parte della Rsi. Bisogna dire no e non solo per ragioni politiche ma anche dal punto di vista costituzionale".

INTERVENTO SUL VOTO CONTRARIO AL BILANCIO DI PREVISIONE ANNO 2009 DEL CONSIGLIERE PROVINCIALE DEL PRC IVAN DI GIAMBATTISTA

La difficoltà principale per il Bilancio 2009 è rappresentata in primis dalla Legge 133/2008 (Finanziaria), che ha determinato la sospensione dell’aumento delle aliquote dei tributi a livello locale e delle addizionali: ciò comporta per gli Enti Locali una drastica riduzione dei servizi ed una scarsa, anzi impossibile, autonomia di manovra finanziaria per la Provincia.
In sostanza è un trend che si ripete da diversi anni, ma quest’anno l’attuale Governo ha imposto una manovra pesantissima. E pertanto non varrà più la declamazione sulla volontà, come rappresentato in più occasioni dal presidente Costa, di evitare prelievi dalle tasche dei cittadini: le tasche sono già vuote! La situazione è talmente critica in questa fase di recessione che mi sarei aspettato da parte dell’ Assessore e della Giunta un supplemento di analisi sulla difficile fase della nostra Provincia. Prendo atto del documento letto dal Presidente Costa sulle intenzioni di varare delle misure anticrisi: penso che si potrebbe convergere su alcuni contenuti che ci sono stati descritti: peccato che il documento non era allegato agli atti del Bilancio e non vi è stata possibilità alcuna di esaminare l’atto in Commissione e mi chiedo come intendete procedere, con quali risorse.

Dicevo della grave crisi non ben rappresentata nei documenti a supporto della delibera: è pur vero che la Relazione Previsionale e Programmatica fa riferimento ai dati del 2007, ma il quadro tracciato sull’economia cuneese (pagg. 152/153) è troppo ottimistico: non possiamo limitarci alla consolazione del dato occupazionale al 2,2%, o al P.I.L. a 29.000 Euro pro capite! La freddezza dei numeri non è rappresentativa delle vaste aree di sofferenza sociale, la Giunta dovrebbe farsi carico di una analisi seria dell’effettiva realtà: il precariato tra i giovani e meno giovani, che non dà certezza e crea insicurezza sociale, le fabbriche in crisi ed a rischio chiusura, la cassa integrazione più che raddoppiata in queste ultime settimane rispetto ai livelli precedenti, il numero di famiglie che non riesce a pagare i mutui: significativo e preoccupante il dato fornito dalla Caritas sul costante aumento di coloro a cui vengono donate derrate alimentari.
A fronte di tale situazione, certo la Provincia da sola, non può fornire una risposta definitiva, ma occorre un disegno più ampio rispetto a quello da voi rappresentato nel Bilancio, non si può continuare con l’ordinaria amministrazione!
Le difficoltà sono poi accresciute da un dato che tutti conosciamo: l’attribuzione di fondi statali basata su parametri riferiti in larga parte sulla popolazione e non sull’estensione territoriale: ho lanciato diverse volte questo input anche al Presidente Costa, perché portasse questa doglianza sui tavoli romani, ma non ho mai avuto risposta; Assessore, quali sono le battaglie a cui le si riferiva nell’introduzione alla discussione, in merito a questo aspetto? Io non riesco a ricordarle….

Non riesco neanche a capire come si pone la Giunta di fronte alle gravi difficoltà rappresentate nella Relazione Previsionale in merito al funzionamento degli uffici; viene evidenziato che non si verifica la congruità tra funzioni delegate da Istituzioni superiori e risorse attribuite: la maggior parte degli uffici sono sotto organico. Particolarmente gravi le situazioni del settore Viabilità-Lavori Pubblici: come si faranno i progetti se il personale non è sufficiente, come si svilupperanno i programmi?
Gravissima la situazione del settore Agricoltura: viene denunciata la carenza di personale, cronica, di una decina di unità: specie in questo momento la situazione è aggravata dall’esigenza di istruire le pratiche per il nuovo PSR 2007-2013.
Sarebbe ingeneroso scaricare tutto il peso sull’Assessore all’Agricoltura: mi chiedo se la Giunta si faccia carico del problema!

In sostanza viene lasciato in eredità alla prossima Amministrazione Prov.le un quadro molto fosco, che impone anche una riflessione a livello di assetto istituzionale sul ruolo delle Province. Se le risorse mancano occorre ripensare ad una riforma istituzionale che riduca le competenze all’ ente provincia, evitando sovrapposizione di ruoli con le Regioni; io non sono convinto del ruolo indispensabile delle Province: occorre una riparametrazione delle risorse statali per i bisogni effettivi del territorio, iniziando a ridurre la rappresentanza politica. Quali possono allora essere gli indirizzi calati nella ns. realtà?
Il Presidente Costa si riferisce ai costi della politica: propongo una riduzione secca del numero di Assessori, dimezziamo il numero, passiamo a 5 Assessori! L’attività della Provincia non ne risentirebbe ed opereremmo un bel risparmio!!
Occorre anche una maggiore responsabilizzazione di noi tutti, specie Presidenti di Commissioni: le Commissioni sono un prezioso strumento di approfondimento e di confronto, ma ha senso, per esempio, convocare la stessa Commissione, tre volte in una settimana, per argomenti assolutamente simili….?!?! Con costi, per ogni Commissione, di oltre duemila Euro?!?! Proprio in un momento in cui non rinnoviamo il contratto di lavoro ai precari (per mansioni importanti), al fine di una pura logica di taglio delle spese?!?!

Un ultimo richiamo alla Giunta su alcuni obiettivi, tanto declamati , che spero possano trovare uno spazio di seria riflessione in questo ultimo scorcio di amministrazione:
-Il Piano Energetico Provinciale: il dibattito è attualissimo, dal protocollo di Kyoto, al rispetto dei parametri “20-20-20”, alla proclamazione della Regione Piemonte dell’anno 2008 come anno dell’energia. Molte potrebbero essere le esperienze da avviare in un territorio vasto e ricco di risorse come la ns. Provincia. Assessore Fino, Assessore e VicePresidente Fino, sono state rilasciate importanti dichiarazioni in merito sui giornali qualche mese orsono: dov’è questo Piano? Quando potremo confrontarci in merito?
-Il mancato protagonismo della Provincia su importanti scelte: la piattaforme logistica, o le piattaforme logistiche..? Qual è l’indirizzo della Provincia? Alcuni Comuni, Cuneo e Fossano, si sono espressi in maniera chiara, no ad una piattaforma invasiva, e la Provincia? Avete semplicemente fatto da spettatori, senza dare un indirizzo forte di governo pubblico del territorio!
-Sicurezza sul lavoro: ho avuto modo in altre occasioni di registrare la sensibilità personale del Presidente Costa, ma concretamente poco si è fatto: abbiamo assistito ad un Consiglio Provinciale aperto, dopodichè abbiamo elaborato in Commissione un o.d.g. che conteneva anche indirizzi operativi; lo abbiamo approvato in Consiglio Prov.le. Dopodichè lei Presidente ha convocato un Tavolo di lavoro finalizzato ad un Protocollo di Intesa..? Quest’ultimo passaggio mi pare assolutamente farraginoso e ritengo grave non aver inserito neanche un Euro per mettere in atto le linee operative votate all’unanimità nel Consiglio!!
-E’ stata fatta una importante scelta di radicamento dell’Università nel nostro territorio, scelta votata anche dalla Minoranza. E’ una importante scelta di investimento, di sviluppo per il nostro futuro. Mi pare però importante un richiamo forte di responsabilità alla Giunta su un attento monitoraggio, di una attenta regìa pubblica sull’operazione, non solo sull’andamento dei costi, ma anche sull’effettiva ricaduta per lo sviluppo del territorio.

Facciamo chiarezza su "Liberazione"

dall'intervista a Paolo Ferrero su Repubblica del 2 gennaio.



ROMA - Segretario, e il suo viaggio in Palestina? Pure su quello si è sentito trattato male da Liberazione?
"No, no, hanno coperto bene. Laggiù c'è una situazione talmente grave. Però, non è mica una questione personale fra me e il giornale".

Paolo Ferrero, come segretario del partito, versus Sansonetti, direttore. Si arrabbia ancora ogni giorno aprendo il quotidiano?
"Certo capita. Però oggi, primo dell'anno, sono a sciare sul Bianco, tremila metri... ".

Ma la valanga sta per abbattersi sul direttore.
"Se mi trovano tre milioni e mezzo di euro sono pronto pure al passo indietro. Quello lì è il buco 2008 che il partito è chiamato a coprire. E non ce la facciamo più. Anche perché la minoranza gioca scientificamente allo sfascio".

Scissione vicina?
"Non so se la minoranza la voglia davvero: un quarto mini-partitino in nome dell'unità a sinistra? Boh. Comunque, io non caccio nessuno. Perché sono un vero democratico. Ma certo non mi suicido".

Il Prc non si scioglie.
"Ma certo che no. Tutti questi attacchi hanno in realtà anche la funzione di coprire porcherie, di subalternità al Pd. A Firenze i due consiglieri fuoriusciti hanno bocciato la commissione d'inchiesta sulla Fondiaria. In Calabria l'assessore ha ratificato il piano Gelmini".

Liberazione così non dura?
"La metto in un altro modo: quanto dura così il partito della Rifondazione comunista? Buttiamo dentro il giornale più quattrini che per le nostre iniziative politiche. E' come L'Unità che andava trascinando nel baratro anche il Pci".
Coraggio, arrivano i nostri. L'editore Bonaccorsi, da lei stesso lanciato a sorpresa. Un kamikaze o uno che punta ai soldi pubblici dell'editoria?
"Qui voglio fare chiarezza. Perché il buco di tre milioni e mezzo è già al netto degli introiti per l'editoria, già calcolati in quel deficit. Non si possono perciò fare giochetti con i contributi, non mi pare aria di furbetti del quartierino".

Un kamikaze, allora?
"Un editore. Che rischia, perché intravede un mercato. Che esiste. Prima di Sansonetti del resto eravamo a diecimila copie. Ora circa a metà".

Ai vendoliani non piace. E Luxuria protesta perché teme un ritorno all'omofobia, sentite anche le parole di Massimo Fagioli.
"Che debbo rispondere, che siamo alla schizofrenia? Quanto è figo il guru Fagioli se Bertinotti va nella sua libreria 'Amore e psiche' nientemeno ad aprire la campagna elettorale. Ma quanto è stronzo se invece incoraggia Bonaccorsi, che tratta con Ferrero per Liberazione. E non basta".

Che altro?
"Bonaccorsi è l'editore di 'Alternative per il socialismo', la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa 'Left', punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano. Stalinista. Affossatore del giornale. Imbroglione".

L'editore non ha presentato un piano.
"Perché siamo ancora nella fase della manifestazione di interesse. Il piano arriverà presto, subito dopo le feste. Vedremo. Valuteremo. Insieme ad altre eventuali offerte".

C'è quella di Sansonetti: date il giornale ai giornalisti, con un comitato di garanti.
"Discuteremo anche dell'ipotesi cooperativa. Ma sempre che ci dicano anche come ripianare il buco".

martedì 6 gennaio 2009

12 e 13 Gennaio - NAZIROCK



COMUNICATO STAMPA
Ci sono argomenti che nessuno di noi vorrebbe toccare, molto più comodo è lasciarseli alle spalle, dimenticarli, ignorarli a tal punto da convincersidella loro inesistenza.Nazirock è un (metaforico) pugno nello stomaco che ci riporta brutalmente allarealtà, e questa volta non c'è modo di ignorarla.Film-Documentario girato nel 2007, NaziRock dipinge il macabro quadrodell'estrema destra vista dall'interno: la sua musica, i capi, lealleanze, i rituali, lo sdoganamento politico che sta aprendo ai nazifascistiitaliani le porte del potere istituzionale.Gli argomenti trattati dal documentario e la difficile situazione politica delnostro paese hanno allontato la grande distribuzione dei cinema e fomentato ilboicottaggio nelle università e nei cineforum; ciò non ha impedito al Comunedi Cuneo (in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza,l'ANPI e l'Associazione 33 Giri) di organizzare la proiezione del filmNazirock il 12 Gennaio presso il Cinema Monviso di Cuneo. A sottolineare l'importanza della proiezione di questo film, il 12 gennaio saranno presenti il regista e produttore Claudio Lazzaro e il direttoredell'Istituto Storico di Asti, Mario Renosio, introdotti da Livio Berardo.

Lunedì 12 Gennaio - ore 17,30 presso il Centro Documentazione Territoriale in Largo Barale (dietro il cinema Monviso - Cuneo) Dibattito: "L'estremismo di destra in Italia"Intervengono: Claudio Lazzaro (giornalista e regista), Mario Renosio eNicoletta Fasano (Istituto Storico della Resistenza di Asti) e Livio Berardo(presidente Istituto Storico della Resistenza di Cuneo)

Lunedì 12 Gennaio - ore 21,00 presso il Cinema "Monviso" di Cuneo Proiezione filmato: "Nazirock - il contagio fascista tra i giovaniitaliani"Intervengono: Claudio Lazzaro (giornalista e regista), Marco Renosio eNicoletta Fasano (Istituto Storico della Resistenza di Asti).

La mattina seguente alcune classi degli istituti superiori si incontreranno conil regista e con un partigiano dell'A.N.P.I. di Cuneo.Gli incontri sono stati organizzati dall'associazione culturale"33Giri" con il contributo del comune di Cuneo, dell'A.N.P.I. diCuneo, dell'istituto storico della resistenza e con l'appoggio delcomitato per la difesa della costituzione.





NAZIROCK: Un film documentario di Claudio Lazzaro (Durata:75 min.) L'estrema destra vista dall'interno: la sua musica, i capi, lealleanze, i rituali, lo sdoganamento politico che sta aprendo ai nazifascistiitaliani le porte del potere istituzionale.La destra radicale in Italia può raggiungere il mezzo milione di voti ediventare determinante, in un quadro politico in cui ne bastano 25.000 adecidere chi governerà il Paese. Per questo viene sdoganata. NAZIROCK racconta questo passaggio politico, usando come filo conduttore le band che infarciscono di testi fascisti la loro musica skin, oi, white power epunkadestra. Il film apre con le immagini dei "due milioni" convocati a Romadall'opposizione al governo Prodi, il 2 dicembre 2006, ma soprattuttoracconta la Nashville dell'estrema destra: una grande manifestazione,organizzata da Forza Nuova, il movimento guidato da Roberto Fiore (condannato anove anni per banda armata), che si è svolta a Viterbo, nel Lazio, con lapartecipazione dei principali gruppi rock assieme a militanti e a leadersprovenienti da Spagna, Germania, Francia, Grecia, Libano e Romania.Alla manifestazione di Forza Nuova si vendono decalcomanie filonaziste, stemmicon la faccia di Hitler da applicare alle felpe, testi negazionisti che nontemono di sfoggiare in copertina titoli come "Auschwitz: fine di unaleggenda".Dal palco ascoltiamo politici e intellettuali provenienti dalla Germania, dallaSpagna, dalla Grecia, dalla Romania, discettare di "cataclismamultirazziale" e "Uomo Nuovo di fronte alla Decadenza".Assistiamo fino a notte fonda, nel grande hangar che di giorno ospita idibattiti, allo spettacolo dei concerti rock: una folla a braccio teso nelsaluto nazifascista, giovani che srotolano un grande striscione, accuratamentestampato. Il testo, in caratteri cubitali: "PIU' NAZISMO PER TUTTI". Tra i relatori, a Viterbo, forse il più applaudito è Luigi Ciavardini,condannato a 30 anni per la strage di Bologna, che dieci giorni dopo il suointervento al Campo d'Azione viene arrestato per rapina. Appassionato anchel'intervento di Andrea Insabato, condannato a 12 anni, poi ridotti a 6, perl'attentato dinamitardo alla sede del Manifesto. Mentre gli Hobbit intonanoun inno allucinato alla violenza negli stadi "Frana/la curva frana/sullapolizia italiana" che anticipa, e sembra invocare, gli scontri sanguinosidi Catania e la morte dell'ispettore Filippo RacitiMa ancora più interessanti e rivelatrici sono le interviste ai giovani chepartecipano al meeting politico, facce da proletari, ragazzi che non hanno occhicattivi, ma che potrebbero fare cose molto cattive, guidati da chi sastrumentalizzare la loro voglia di giustizia e la loro ignoranza a volteabissale. Li ascoltiamo senza commentare, li guardiamo, nel montaggio alternatocoi brani nazirock, inframezzati ai materiali di repertorio che ricordano gliorrori e le distruzioni provocati da un'ideologia portatrice di morte evergogna.Un incubo che lascia spiazzati, perché la domanda è sempre la stessa:"Possibile che la storia non riesca a insegnare nulla?"

domenica 4 gennaio 2009

Il ruolo del Prc e il bilancio della Regione Piemonte

Su Liberazione di domenica 28 Marcello Notarfonso e Gianluigi Pegolo tracciano alcune utili indicazioni e riflessioni in vista dell'approvazione dei bilanci che deve avvenire nelle prossime settimane in quasi tutte le regioni italiane.In Piemonte il bilancio 2009 è stato votato prima di Natale. Si è deciso di approvarlo nei tempi giusti (prima del 31 dicembre) e dunque senza ricorrere all'esercizio provvisorio, per dare un segnale di attenzione e soprattutto per mettere a disposizione fin dal 1° Gennaio risorse aggiuntive per affrontare il gravissimo momento economico-occupazionale (raddoppio della cassa integrazione nel 2008 rispetto al 2007).Come Rifondazione comunista e come sinistra tutta avevamo messo a punto una piattaforma credibile e utile per fare emergere alcuni elementi di contenimento della crisi. In particolare abbiamo insistito sulla necessità di trovare risorse aggiuntive da impegnare su capitoli quali il sostegno ai redditi più bassi e incerti, come quelli di chi si trova in cassa integrazione o espulso dal ciclo produttivo.Il bilancio prevede 8 milioni in più sulle spese correnti per i servizi sociali (disabilità, famiglie, ecc.), 6 milioni in più al fondo per il sostegno alla locazione (da 12 a 18), l'aumento da 2 a 4 milioni per i cantieri di lavoro (forme di lavoro "protette" e di accompagnamento alla pensione), un incremento di 12 milioni del fondo cassintegrati e mobilità (da 10,5 a 22,5) che è uno strumento per il sostegno al reddito per lavoratori con indice Isee inferiore a 13.000 euro, l'applicazione del nuovo contratto cooperative sociali per 10 milioni, l'assistenza economica alle persone in stato di povertà e disoccupati di lungo periodo per un totale di 15 milioni, la riduzione dell'addizionale regionale con l'esenzione dello 0,5% per i redditi fino a 22.000 euro.Nelle stessa seduta è stato approvato anche il piano triennale per il diritto allo studio che destina oltre 21 milioni di euro alle famiglie che mandano i figli alla scuola pubblica per i servizi di trasporto, mensa e libri.Inoltre, per rispondere anche ad alcune proposte di Notarfonso e Pegolo, il Piemonte si è impegnato in un piano di edilizia popolare che prevede la costruzione di 10.000 alloggi entro il 2012, ha lanciato una grande campagna di sensibilizzazione e produzione sulle energie rinnovabili riprendendo l'obiettivo del "20-20-20" stabilito a livello europeo e, a partire dal 1° Gennaio 2008, l'Assessore alla Sanità (l'unico di Rifondazione in tutta Italia) ha esteso l'esenzione dai ticket sui farmaci per tutti i cittadini il cui nucleo familiare non abbia un reddito superiore ai 36mila euro.Siamo consapevoli che non siano interventi risolutivi e che si possa fare meglio e di più, ma sicuramente sono segno di attenzione verso le fasce più deboli della società.

Gian Piero Clement, Alberto Deambrogio, Juri Bossuto, Paola Barassi, Sergio Dalmasso (Consiglieri Regionali Prc-SE), Enrico Moriconi (Consigliere Regionale Uniti a Sinistra).
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