mercoledì 28 luglio 2010

Clemens Kalischer torna a Paralup con le sue immagini



Una mostra nella borgata di montagna che fu di Nuto Revelli
da Liberazione 27/07/2010
Vittorio Bonanni


Il mondo dei vinti di Nuto Revelli raccontato da un grande fotografo. Questo succede a Paralup, piccola borgata di montagna a circa 1400 metri di altezza nel comune di Rittana in provincia di Cuneo, luogo recentemente ristrutturato grazie all'impegno della Fondazione Nuto Revelli (vedi inserto di Liberazione del 18 aprile) dove lo scrittore e comandante di Giustizia e Libertà raggiunse nel febbraio del 1944 la banda partigiana "Italia Libera" di Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco. Una mostra dunque dal titolo "Clemens Kalischer. Sguardi d'autore su luoghi e persone", inaugurata domenica e visibile fino al 22 agosto. 86 foto complessive - 46 della Valle Stura, 40 invece recenti che documentano del Progetto Germoglio di agricoltura biologica portato avanti da un gruppo di studenti americani - distribuite in due baite con alcuni inediti, ad opera di un grande artista dell'immagine, appunto quel Clemens Kalischer, ebreo americano di origine tedesca, che capitò per la prima volta in Italia nel 1962 e in maniera del tutto accidentale arrivò a Cuneo.
Proprio allora, in quella che può essere definita l'era della grande industria, apriva da quelle parti una grande fabbrica Michelin, con l'assunzione di 7000 operai e l'inevitabile cambiamento di un mondo, quello rurale e della montagna, che sembrava inamovibile. Kalischer, proprio come Revelli, girò in quel periodo quei luoghi raccogliendo le testimonianze di chi non si voleva arrendere e non voleva perdere la propria identità culturale. Immortalò con i suoi scatti quei volti fieri e dopo mezzo secolo eccolo di nuovo lì a riproporre quegli uomini e quelle donne, la cui memoria deve essere salvaguardata contro una "modernità" finalizzata a cancellare ogni radice, anche la migliore. «Un simbolo di resistenza - come lo chiama Marco Revelli, sociologo e figlio di Nuto - un modo per dimostrare che in montagna si può tornare a vivere». La vita di Kalischer non è stata delle più facili, come per molti della sua generazione. Nato nel 1921 in Germania, arrivò a Parigi nel 1933 per fuggire dal nazismo. Purtroppo, pur essendo un esule, la sua nazionalità tedesca lo costrinse, giovanissimo, a tre anni di lavori forzati. Grazie all'impegno della Emergency Rescue Committee, una organizzazione sostenuta da Eleanor Roosevelt, creata da Varian Fry, giornalista americana e da alcuni artisti e intellettuli francesi, ad alcuni rifugiati fu consentito di raggiungere gli Stati Uniti. Per Clemens cominciò così una nuova vita a New York dove la sua famiglia si installò nel 1942. Già negli anni successivi riuscì a focalizzare i suoi interessi artistici, i suoi soggetti preferiti, e tra il 1947 e il 1949 realizzò un saggio fotografico sui rifugiati europei che arrivavano negli Stati Uniti. Nel 1951 raggiunse il Massachusetts dove fondò Image Photos, un grande archivio fotografico che conta oggi almeno mezzo milione di immagini realizzate in mezzo mondo, dagli Stati Uniti all'Europa, dall'India a Cuba. Soltanto nel 1997 fece ritorno a Berlino e si trattenne nella capitale tedesca fino all'anno successivo in occasione della sua prima grande esposizione europea presso la galleria Argus Fotokunst. Successivamente altre mostre furono ospitate presso la Suermondt-Ludwig Museum di Aachen, il museo della Fotografia di Charleroi mentre alcune sue opere sono in esposizione permanente presso musei come il Moma e il Metropolitan di New York. Una caratteristica del suo lavoro è stato ed è quello di scomparire dietro la macchina fotografica, tanto da spingere il critico d'arte Miles Unger a definirlo The Invisibile Man. E questo malgrado avesse raggiunto una grande notorietà, anche come collaboratore delle più importanti riviste degli Stati Uniti, come Life, Newsweek, The New York Time Magazine e Saturday Evening Post. Clemens Kalischer non è nuovo del Piemonte. Nel 1996 una sua mostra venne ospitata a Cuneo e poi dal Museo nazionale della Montagna a Torino. Fu in quell'occasione che l'artista americano conobbe Nuto Revelli che non fece fatica a vedere in quelle immagini la sua stessa filosofia di vita, il suo stesso modo di raccontare le persone, i vinti. L'unica differenza era il modo, Nuto usava la penna, Clemens la macchina fotografica. Che Kalischer sia un uomo, un intellettuale, un artista appunto, motivato da un grande impegno civile crediamo sia quasi superfluo ricordarlo. E' stato tra i pionieri dell'agricoltura biologica negli Stati Uniti, come dimostra il suo impegno nel Progetto Germoglio, e da anni collabora con Slow Food. E in Piemonte la sua mostra si inserisce, non a caso, nell'ambito dell'iniziativa "Aspettando TERRA MADRE - Salone del gusto". E poi chi ritrae quei volti, quegli sguardi pieni di speranza, di aspettative ma anche di disperazione, non può non restarne coinvolto, non può non sperare che anche chi soffre possa ricominciare a vivere.
La mostra è visitabile il sabato e la domenica (fino al 22 agosto compreso) dalle 10 alle 17

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